Già da diversi giorni impazza la polemica sui rincari delle bollette dovuti ai morosi: un messaggio divulgato attraverso la chat di WhatsApp annunciava agli italiani che, a partire dal 1° marzo, si vedranno addebitare in bolletta circa 30-35 euro per contribuire a saldare il debito contratto dai morosi.
La polemica non sembra destinata a placarsi, seppure sempre dall’ente dispensatore di energia e gas arrivano notizie positive per gli italiani.
Non ci sarà alcun aumento di 35 euro sulla bolletta della luce.
Tutto ha inizio quando sulle chat di WhatsApp degli italiani inizia a circolare questo messaggio: “Buonasera mi è appena arrivato questo SMS su WhatsApp: fate girare! Nelle bolletta-luce dal prossimo aprile, ci saranno veramente dalle 30 alle 35€ in più”, recita il messaggio che ha raggiunto milioni di telefoni, grazie all’ormai consolidato sistema delle “catene di Sant’Antonio”.
Nel messaggio si invitano i consumatori a non pagare la bolletta in attesa delle decisioni del Tar: “Io non le pago (ho già tolto la domiciliazione bancaria e pagherò la somma che mi spetta con un bollettino postale scritto a mano con l’importo decurtato della cifra che non mi spetta come da contratto) ma funzionerà solo se lo faremo in tanti”.
L’aumento sarebbe dovuto alla nota vicenda dei debiti dei morosi che verrebbero, dunque, spalmati su tutte le bollette. Ma non è del tutto così: l’Autorità per l’Energia, il gas e i rifiuti (Arera) ha di recente già precisato “che il provvedimento citato (deliberazione 50/2018) riguarda solo una particolare casistica, limitata numericamente, e solo una parte degli oneri generali di sistema previsti per legge”. In sostanza non pagheremo tutti i debiti generali dei morosi, ma solo una parte relativa agli oneri generali, la quota fissa che non dipende dal consumo.
Nelle scorse ore sulla questione è intervenuta anche l’Enel che, nel ribadire la “totale estraneità” dell’azienda alla vicenda, ha fatto un po’ di chiarezza in merito alla bufala dei 35 euro in più.
Il provvedimento deciso da Arera, si legge nella nota, “è esclusivamente finalizzato a reintegrare gli oneri di sistema a seguito del mancato versamento da parte di alcune imprese venditrici e non di altri clienti morosi. Il relativo impatto sulle bollette dei consumatori finali non è ancora stato quantificato da ARERA, ma in ogni caso l’Autorità ha precisato che sarà molto contenuto (all’incirca il 2% degli oneri di sistema, e non certo 35 euro)“.
Enel fa inoltre presente “che nelle bollette attuali e in quelle dei prossimi mesi non risultano voci aggiuntive”. L’aumento, se ci sarà, riguarderà tutti gli operatori sul mercato (dunque non solo Enel) e avrà in ogni caso un importo modesto.
In un comunicato dello scorso 14 febbraio Arera spiega che la delibera sui pagamenti dei morosi è stata strutturata in modo da adempiere “ad una serie di sentenze della giustizia amministrativa che hanno annullato le precedenti disposizioni dell’Autorità in tema”.
La delibera ha suscitato comunque le proteste di molte associazioni dei consumatori: al di là dell’importo viene contestato il principio stabilito dalla giustizia secondo cui i clienti finali devono pagare per i morosi, pochi o tanti che siano.
Sul caso della bufala è intervenuto anche il Codacons: “Stanno circolando sui social network e attraverso testi inviati da cellulare messaggi che annunciano un addebito da 35 euro sulla bolletta della luce di aprile, finalizzato a coprire i debiti degli utenti morosi, quelli cioè che non hanno pagato la propria bolletta elettrica – denuncia il Codacons – Un messaggio pericolosissimo perché invita anche a non pagare la bolletta in attesa di una non meglio specificata sentenza del Tar, e a decurtare questi 35 euro dal bollettino postale. Si tratta di una bufala a tutti gli effetti, che solo in parte si fonda su un aspetto reale. La deliberazione 50/2018 dell’Autorità per l’energia si prefigge infatti l’obiettivo di spalmare sugli utenti finali le morosità, ma solo relativamente agli oneri di sistema non pagati dagli operatori ai distributori dell’energia – spiega l’associazione – Un principio per il Codacons palesemente ingiusto perché, al di là degli importi e dell’entità dei ricarichi in bolletta, spalma sui consumatori onesti parte dei debiti accumulati sulle bollette elettriche. Proprio in tal senso il Codacons sta preparando un ricorso al Tar della Lombardia, dove si impugnerà la delibera dell’Autorità per l’energia chiedendone l’annullamento nella parte in cui addebita all’intera collettività gli oneri di sistema non pagati”.
Assodato che la polemica sui rincari dovuti ai morosi si è rivelata una bufala e il rincaro potrà ammontare a un massimo di 2 euro e non 35 come specificato dalla stessa Enel, la notizia certa è che dal 1° marzo entrerà in vigore lo stop ai maxiconguagli.
Dal primo marzo, infatti, non si riceveranno più maxi bollette con cifre consistenti da pagare per conguagli o arretrati, spesso dovute alla negligenza delle stesse società eroganti. Quindi entrerà definitivamente in vigore quanto previsto dalla legge di bilancio 2018 e che riguarda gli importi non ordinari delle bollette dei fruitori salvaguardando soprattutto famiglie e piccole imprese. In sostanza i pagamenti Enel andranno in prescrizione già dopo soli 2 anni e non dopo 5 anni come era previsto dalla legge prima in vigore.
Questa modifica, entrata in vigore con la recente legge di bilancio, è spiegata da una delibera dell’Arera e punta a favorire il consumatore limitando i ritardi nella fatturazione che a volte superavano di gran lunga i due anni, presentando così all’ignaro fruitore bollette con cifre astronomiche. Dal primo marzo invece la compagnia elettrica sarà obbligata ogni due anni a controllare eventuali conguagli e ad avvisare il cliente con un congruo anticipo, di un minimo di 10 giorni rispetto alla data di scadenza dei pagamenti.
Qualora la compagnia elettrica a cui siete abbonati invii una fatturazione per periodi di consumo antecedenti ai due anni previsti dalla legge di bilancio il consumatore può non pagare e presentare reclamo subito o pagare per evitare che il venditore possa privarlo del bene contestato, ma successivamente essere legittimato ad ottenere il rimborso del pagamento e a procedere con un ricorso all’Antitrust affinché ci sia un reclamo contro la compagnia.