Il 2018 a Ponticelli è iniziato nel segno di un evento che ha scioccato l’intero quartiere: il ritorno – seppur solo virtuale – di alcune figure di spicco del clan Sarno, oggi collaboratori di giustizia.
Dopo diversi anni, Giuseppe Sarno e sua cognata Patrizia Ippolito detta ‘a patana, moglie di Vincenzo Sarno, dalla località dove vivono sotto protezione, dopo la scelta di deporre le armi per passare dalla parte dello Stato, irrompono nelle vite dei ponticellesi servendosi delle dirette su facebook.
Seduti al bar, complici e giocherelloni, due figure di spessore del cartello criminale più sanguinario della storia di Ponticelli, interagiscono con estrema disinvoltura con gli utenti che li contattano, spiazzati ed increduli per quello che sta accadendo.
“Ciao, vi ricordate di noi!? Siamo sempre noi! Guardateci, non siamo mai falliti, eh!?” esclama Peppe Sarno, tra le grasse risate della Ippolito che poco dopo fa notare al cognato che anche suo figlio, quello che lo ha rinnegato quando ha scelto di affossare il clan di famiglia per diventare collaboratore di giustizia, sta seguendo la diretta: “Anche Antonio Sarno sta guardando“, immediata la replica dell’ex numero uno della cosca di Ponticelli: “E a me che me ne fotte!? Non devo dare conto a loro io, loro con me hanno chiuso (..) Tu lo sai dove sono, ti aspetto..”
Galvanizzato dalla diretta, Peppe Sarno continua a provocare gli utenti, lanciando messaggi espliciti anche a coloro che a posteriori verranno a conoscenza della sua apparizione virtuale: “Ciao per tutti quelli che ci vogliono bene…chi non ci vuole bene…” e termina la frase facendo il segno della croce con la mano, simbolo di morte.
E ancora: “Mo’ chiamano le guardie, – consapevole dell’incompatibilità di quell’apparizione virtuale con lo status di collaboratore di giustizia sotto protezione – dicono: guardate, andate a vedere.. a Patan, o’ Pepp’”
“A Patan e o Pepp’ sempre insieme, sempre…” aggiunge la Ippolito, mentre entrambi sollevano il pollice verso l’alto.
“Ci stanno dicendo qualche parola?” chiede alla cognata e lei replica: “No, un’amica ha scritto sai come rosicano tutti che stiamo in diretta io e te?” E Peppe Sarno aggiunge: “Per la faccia di tutti quelli che ci vogliono male, dovete schiattare, schiattare, schiattare.”
“Per tutte le persone che non lo sanno, noi fratelli ci amiamo” afferma Peppe Sarno, poi si alza e lo ripete battendo la mano sul petto. “Chi non vuole bene i fratelli Sarno”… e termina la frase portando il pollice verso il basso.
Nel corso della diretta, la donna continua a menzionare al cognato i nomi di amici e familiari che gli inviano messaggi d’affetto.
Secondo alcuni ex collaboratori di giustizia, lo scopo della diretta era proprio quello di “sondare il terreno”, dunque, testare le reazioni degli interlocutori per iniziare a spinare la strada da percorrere per pianificare un ritorno imminente a Ponticelli.
Una diretta che ha suscitato reazioni forti e contrastanti sul fronte camorristico: tutti i membri del clan De Luca Bossa, la cosca sorta in seguito alla scissione dal clan Sarno del killer Antonio De Luca Bossa detto Tonino ‘o sicco, attualmente detenuto, hanno rivolto insulti e minacce piuttosto esplicite sia alla Ippolito che a Peppe Sarno. Moltissimi i familiari di ex affiliati oggi detenuti in seguito a condanne scaturite proprio dalle testimonianze dei due protagonisti della diretta che hanno condiviso il video unitamente a frasi piuttosto dure.
Patrizia Ippolito ha minacciato alcuni utenti che nel commentare le sue dirette non le hanno risparmiato nessun tipo d’insulto, inviandogli dei messaggi di posta per assicurargli che “la resa dei conti è vicina”: “Sei solo un morto che parla, aspetta che verrà il giorno (…) non nominare il mio sangue che mio fratello ti rompe il collo”, sono solo alcune delle frasi che la collaboratrice di giustizia ha inviato ai suoi “nemici”.
Alla stragrande maggioranza degli abitanti di Ponticelli non è andata giù l’ostentazione del lusso, oltre che della libertà di cui godono nonostante i crimini commessi, esibita in diretta su facebook: dalle buste dello shopping e la borsa griffata della Ippolito, alla leggerezza con la quale si mostrano intenti a fare la bella vita, seduti al bar a sorseggiare un caffè. Non ci sono parole di scuse o di cordoglio per le tante vite estranee alla camorra finite nella morsa della loro furia omicida, ma solo tanti sorrisi, sfoggiati con estrema disinvoltura. Moltissimi i commenti ricchi di disprezzo ed indignazione per quello che viene concesso ai vertici del clan nato nel Rione De Gasperi.
Tra la gente onesta regna soprattutto la paura, oltre che l’incredulità per quello che hanno visto e sentito.
Gesti e parole dalle quali non trapela nessuna forma di redenzione o pentimento, ma che, invece, sembrano sghignazzare in faccia a tutti “la marachella” compiuta: “Siamo riusciti a farla franca, evitando la galera e siamo pronti a tornare”, sembrano volerci dire i Sarno.
Questo, quantomeno, è ciò che hanno letto in quella “performance” molte persone che i Sarno li hanno conosciuti bene. In particolare, nel senso di esaltazione che Peppe Sarno manifesta nell’alzarsi in piedi per sottolineare “l’unione della famiglia”, chi mastica il linguaggio della camorra, carpisce tutto il livore del boss affamato che freme per tornare a riprendersi quello che un tempo era suo.
La domanda che regna sovrana sulla figura dei Sarno passati dalla parte dello Stato e che tutti i ponticellesi hanno pronunciato almeno una volta è la seguente: dal punto di vista giuridico, il ritorno dei Sarno a Ponticelli, in virtù della violazione compiuta con quelle dirette e delle intenzioni palesemente dichiarate, può essere possibile?