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Saviano,11 febbraio 2016: boss salda debito di gioco uccidendo i due gestori del centro scommesse

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
11 Febbraio, 2018
in Da Sud a Sud, In evidenza
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Saviano,11 febbraio 2016: boss salda debito di gioco uccidendo i due gestori del centro scommesse
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somma_tafuroliguori-300x300Saviano (Napoli), 11 febbraio 2016 – Francesco Tafuro, 33 anni, e Domenico Liguori, 32 anni, gestiscono un centro scommesse a Somma Vesuviana, Comune di residenza di quest’ultimo, al carico del quale risulta un piccolissimo precedente per gioco d’azzardo, mentre il 33enne residente a Saviano era incensurato. Proprio a Saviano si consuma l’agguato in cui perdono la vita entrambi. Amici e soci in affari, i due sono morti come due boss.

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I due viaggiavano su un’auto, di proprietà di Tafuro, in via Olivella, una strada di campagna dell’entroterra vesuviano.

I killer hanno agito intorno alle 23,30. La vettura, secondo una prima parziale ricostruzione, è stata affiancata da un’auto sulla quale viaggiavano i sicari. Una prima sventagliata di colpi ha costretto il conducente a fermare la corsa. I due non hanno avuto scampo, quella pioggia di proiettili si è rivelata fatale. Tafuro sarebbe rimasto bloccato alla guida. Liguori, sul sedile al fianco del conducente, avrebbe tentato di salvarsi con una fuga disperata. Il corpo infatti è stato trovato qualche metro più in là. E, a pochi metri dalla macchina, i sicari lo avrebbero finito esplodendo ancora altri colpi. Un’azione da commando, rapida, condotta da killer esperti, che poi in pochi istanti hanno fatto perdere le loro tracce, risucchiati dal buio delle strade di campagna. I due cadaveri sono stati notati da un passante che ha dato l’allarme ai carabinieri. Sul posto, poco dopo, le pattuglie che hanno avviato la difficile e minuziosa ricostruzione scientifica della dinamica dei fatti. Complessa anche la procedura di identificazione delle vittime in una zona isolata e buia come quella scelta per l’agguato, difatti, gli inquirenti hanno dovuto attendere la rimozione dei corpi per cercare i documenti della vettura e dei due uccisi.

«Correte in via Olivella, hanno sparato». Questo il contenuto della telefonata che esortò i carabinieri a precipitarsi sul posto. A bordo di una Fiat Punto trovarono i cadaveri di Francesco Tafuro e Domenico Liguori.

La scena del delitto ha fatto subito pensare ad una trappola, i due cadaveri erano in una zona periferica, isolata, nelle campagne nolane. Tra le prime ipotesi quella che Tafuro e Liguori siano stati attirati lì con un appuntamento, perché poi gli assassini potessero sorprenderli ed ucciderli.

Nell’auto sono stati ritrovati dieci bossoli calibro 9 e numerose macchie di sangue. Fuori dalla Punto soltanto le tracce, le orme, degli assassini.

Il centro scommesse gestito dalle due vittime
Il centro scommesse gestito dalle due vittime

Francesco Tafuro e Domenico Liguori furono vittime di una trappola, di un piano studiato in ogni dettaglio. Eugenio D’Atri e Nicola Zucaro andarono in via Olivella per ucciderli e Domenico Altieri, oggi collaboratore di giustizia, si prestò al loro piano spietato che finì con il massacro dei due giovani titolari del centro scommesse di Somma Vesuviana. Fu un video con le sequenze registrate dalle telecamere di sorveglianza accese lungo il percorso che portò Francesco e Domenico alla morte a smentire la ricostruzione che Domenico Altieri, nel tentativo di scagionarsi dall’accusa di omicidio, fornì ai carabinieri ed al magistrato dopo essere stato catturato.

La sequenza é nitida: si vede lo scooter di Altieri fare strada alle vittime. E si vede anche l’auto con a bordo Eugenio D’Atri e Nicola Zucaro che arriva nella strada di campagna alla periferia di Saviano dove poi giungeranno anche Francesco e Domenico. Pochi secondi e poi la morte, un agguato senza scampo. Tafuro e Liguori dovevano morire. Così era stato già deciso da chi non aveva nessuna intenzione di saldare i debiti di gioco accumulato nel centro scommesse.

Per l’omicidio dei due giovani Zucaro è stato condannato all’ergastolo, mentre Altieri a 12 anni. D’Atri è considerato il mandante come si evince dalle condanne ed è attualmente in carcere anche per un altro mandato che lo accusa di associazione di stampo camorristico. Nella sua escalation criminale si è reso responsabile di estorsioni a commercianti di Somma Vesuviana con altri pregiudicati già arrestati nel corso dell’operazione Blusky. «Gegè» stava tentando la sua personale scalata per la conquista del territorio di Somma Vesuviana, appoggiandosi a Nicola Zucaro, fratello di Diego, ergastolano già legato al clan Sarno. Zucaro finì in manette già nel 2009 per estorsione ad esercenti del territorio.

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