37 perquisizioni domiciliari, personali e informatiche effettuate in 14 regioni (Campania, Lazio, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Puglia, Sicilia, Calabria, Marche, Abruzzo, Toscana, Liguria, Trentino Alto Adige e Veneto), insieme al sequestro delle conversazioni avute attraverso un noto sito internet: questo il bilancio dell’intervento della polizia postale disposto dalla Procura. E’ stato questo l’esito di una complessa indagine per scovare un giro di divulgazione e detenzione di materiale pedopornografico.
Da tempo la Polizia Postale e delle Comunicazioni era sulle tracce degli ideatori de “La Bibbia”, un archivio informatico alimentato da immagini pedopornografiche acquisite con varie modalità, a volte anche tramite i social. Tali perquisizioni hanno visto impegnati circa 200 ufficiali coordinati dal Centro di Contrasto alla Pedoponografia online del Servizio Polizia delle Comunicazioni a Roma. La attività investigativa è stata svolta interamente dalla sezione di Salerno della Polizia Postale, dopo la segnalazione di un cittadino circa la presenza nel deepweb di un archivio denominato “labibbia3.0”, contenente materiale pedopornografico. Così, sono stati individuati gli artefici delle cartelle informatiche dell’orrore. Circa 50 le persone che, mediante chat private, scambiavano il materiale per arricchire l’archivio, giunto alla versione 5.0. Migliaia i file di video e immagini di ragazzine adolescenti che si mostrano nude o in pose provocanti. Ogni cartella aveva un titolo per agevolare la consultazione, come ad esempio “Bagasce con nome e cognome”, “Bagasce senza nome”, “Le instacagne”, “Non sapevo che fossi minorenne”.
In alcuni casi, poi, sono riportati tutti gli elementi utili per la identificazione del soggetto ritratto (nome, cognome, numero di telefono, indirizzo e-mail, città di residenza e così via); in altri, non sono pubblicate informazioni private; in altri ancora, le fotografie sono state acquisite da social come Instagram.
Dalle indagini, è emersa l’identità di coloro che inviavano le foto delle loro ex, di una persone che divulgava gli scatti della sorella di 12 anni, e di chi estrapolava immagini da telefoni o pc da riparare, in quanto tecnico di un centro assistenza, nonchè di chi aveva le immagini sottratte dai profili pubblici di minori. Agli indagati è stato contestato anche l’annientamento psicologico delle ragazzine delle foto e dei video: il loro obiettivo era anche quello di mettere in atto molestie e creare una gogna mediatica, grazie all’identificazione delle vittime.
Sono state, dunque, denunciate 33 persone accusate di detenzione di materiale pedopornografico, nonchè sono state arrestate in flagranza 2 persone per detenzione di un’ingente quantità di materiale pedopornografico, ed è finita, infine, in manette un’altra persona per produzione e traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti e psicotrope. Sequestrati, infine, centinaia di supporti informatici, con migliaia di file, che saranno sottoposti ad analisi tecniche.
Le condotte illecite contestate agli indagati non possono, però, semplicemente essere ricondotte alla sola creazione del più grande archivio pedopornografico e pornografico sul territorio nazionale – rinvenibile tanto nel deepweb tanto nel web in chiaro – ma anche nell’annientamento psicologico delle giovani vittime ritratte nelle foto e nei video. L’obiettivo ulteriore degli indagati, consisteva, infatti, nel rendere possibile, attraverso l’identificazione, ogni forma di molestia e di gogna mediatica. Per quanto emerso dall’analisi delle conversazioni gli internauti, oltre a fornire il materiale pedopornografico, inviavano ogni informazione utile all’individuazione della vittima.