Il 2017 a Ponticelli è stato introdotto dalla stessa scia di sangue e polvere da sparo che lo sta accompagnando alla porta e che conduce nel “Lotto Zero”: il rione che era e che sta tornando ad essere il bunker del clan De Luca Bossa e che forse non ha mai smesso di esserlo.
L’omicidio di Salvatore Solla, detto “Tore ‘o sadico” avvenuto il 23 dicembre 2016, nei pressi del centro scommesse del quale era assiduo frequentatore, impone un clima di silenzio e timore nel quale si consumano protratti raid vandalici notturni nell’asilo nido del rione.
“Qualcuno”, nel cuore della notte, si introduce nella struttura per mangiare le merendine dei bambini, riposare nei loro lettini e fare uso e abuso di sostanze stupefacenti. I genitori dei piccoli organizzano delle ronde per preservare l’integrità della struttura e con lei, il diritto all’infanzia e all’istruzione dei loro figli che torneranno al nido solo alla fine del mese di gennaio, dopo che le madri si saranno adoperate personalmente per ripristinare normalità ed igiene in quella sede.
Un asilo nido aperto nel 2015, finanziato con fondi PAC che lo hanno tenuto in vita fino a giugno 2017. Per scongiurare il pericolo che incombeva sulla sorti di quel nido, le madri hanno dato vita ad una protesta civile per spiegare l’importanza ricoperta da quella struttura in un rione difficile come il Lotto O. Nonostante le rassicurazioni dei politici, l’asilo nido non ha riaperto a settembre e tutt’oggi è chiuso.
La legalità perde un presidio primordiale e fondamentalmente, come solo una sede che garantisce educazione ed istruzione fin dai primi vagiti sa esserlo, mentre la camorra avanza impietosamente. Forte delle scarcerazioni dei “pezzi da 90” avvenute nei mesi precedenti, i De Luca Bossa intrecciano una serie di alleanze strategiche, agganciando tutti gli interpreti della malavita locale che covano lo stesso sentimento di rancore e vendetta verso il clan De Micco. Il sodalizio camorristico emergente, quindi, è unito ed animato dallo stesso intento: scalzare “i Bodo” dallo stato di egemonia che li porta a detenere il controllo di tutte le attività illecite a Ponticelli.
L’arresto di Umberto De Luca Bossa, nipote di Teresa De Luca Bossa e figlio di Tonino ‘o sicco, non altera i piani del clan, anzi nel puzzle delle “mosse” da attuare per “centrare l’obiettivo”, sembra assumere un forte aspetto strategico.
Il giovane De Luca Bossa è molto giovane e ben lontano dal possedere la tempra del killer spietato del padre che dopo una lunga gavetta da cecchino come recluta del clan Sarno fondò un’organizzazione autonoma, collezionando una sfilza di omicidi e reati che gli valgono il 41 bis. Secondo molti collaboratori di giustizia, l’arresto di Umberto fu ordinato proprio da Tonino ‘o sicco, capace di dettare ancora legge, nonostante il carcere duro.
Un arresto che, di fatto, salva la vita al giovane, finito nel mirino dei De Micco e che dopo l’omicidio di Solla, figura di spicco del clan del Lotto O, limitava al minimo indispensabile le uscite, puntualmente blindato dagli “scagnozzi” del clan.
Un arresto voluto per sottrarlo alla morte, dunque, ma, secondo alcuni collaboratori di giustizia, imposto anche per temprare il carattere del giovane.
Una strategia che ricalca una “scena di Gomorra”: così come Donna Imma Savastano spedisce suo figlio in Honduras per “trattare e imparare” – per negoziare una compravendita di droga con gli honduregni e accantonare “sentimentalismi e pensieri adolescenziali – il boss del Lotto O ha seguito lo stesso disegno per “incattivire” il suo primogenito.
In attesa di scoprire quale strada sceglierà di percorrere Umberto, una volta tornato in libertà, il clan De Luca Bossa intreccia una serie di alleanze: Michele Minichini, vincolato al sodalizio di Ponticelli, seppure residente a Barra, si sposta nelle “Case Nuove” e lì gestisce il business della droga per conto dei Rinaldi di San Giovanni a Teduccio.
Le piazze di droga sono il filo conduttore che unisce i tasselli che compongono il cartello criminale della”camorra emergente” di Ponticelli, in quanto composto da tutte le figure coinvolte nel business della droga che “hanno problemi” con i De Micco: non vogliono pagare il pizzo o sono stanchi di pagare, perchè non vogliono riconoscere autorità, rispetto e potere alla “cosca dei tatuati”. Questo genere di sussulti, nel corso dei mesi, ha generato diverse scintille. Alla “camorra emergente” è bastato “seguire quei bagliori” per capire a quali porte bussare per offrire alleanze.
Il primo segnale di intransigenza da parte dei De Micco arriva ad agosto: un commando di fuoco irrompe nel parcheggio della villa comunale del quartiere nel cuore della notte, frequentata da tantissimi giovani durante le sere d’estate, e spara diversi colpi d’arma da fuoco contro un bersaglio umano che riesce a mettersi in salvo riparandosi dietro ad un grosso furgone adibito alla vendita di panini.
La mattina seguente, la polizia trova a terra dei bossoli accanto ad uno scooter che risulterà rubato. Tutto lascia presagire agli inquirenti che si sia trattato di un tentativo di rapina, in realtà è un acuto depistaggio sbugiardato dalla ricostruzione dei fatti dei testimoni oculari.
I giovani presenti in villa che hanno assistito all’agguato, raccontano, all’unanimità, la stessa scena: due giovani a bordo di un’auto bianca di piccola cilindrata, con il volto coperto da maschere,scortati da una Bmw nera, hanno sparato contro un ragazzo che sostava nei pressi del chiosco dei panini.
Secondo quanto riferito dai testimoni oculari dell’agguato, si potrebbe trattare di uno dei quattro esponenti della “camorra emergente” di Ponticelli, che verranno arrestati un mese dopo. Lo riconosceranno grazie alle foto pubblicate sui giornali che riportano la notizia del primo scacco alla nuova organizzazione camorristica del quartiere.
È solo uno delle tante operazioni condotte dalla polizia di Ponticelli nel mese di settembre. Nel corso di questo mese, infatti, la stangata più forte viene inferta alle piazze di spaccio con una brillante operazione che porta all’arresto e alla condanna per direttissima di due spacciatori nel Rione Conocal e un altro duplice arresto viene messo a segno, invece, nell’isolato 2 del Rione De Gasperi: “il supermercato della droga di Ponticelli”. Al culmine di un blitz avvenuto con il supporto delle unità cinofile, la sera del 19 settembre, il giorno in cui si celebra la festa di San Gennaro, vengono tratti in arresto Anna Calamita e Umberto Sermone, due personaggi che ricoprivano un ruolo strategico all’interno della piazza che, seppur privata di due pedine preziose, continua ad esistere. Anna Calamita è tornata in libertà lo scorso 27 dicembre, dopo aver scontato una pena di 3 mesi agli arresti domiciliari, mentre lo stesso giorno, Umberto Sermone è stato scarcerato e sconterà agli arresti domiciliari il resto della condanna.
Intorno alle 16.30 del 15 novembre, un commando di fuoco entra in azione n via Comunale Maranda e uccide il pregiudicato Ciro Nocerino e ferisce in maniera non grave il perito assicurativo che stava effettuando una perizia sull’auto del reale ed unico bersaglio dei killer. Il pregiudicato, vicino al clan De Micco, era a capo di una piazza di spaccio e pare che la sua cosca di appartenenza avesse fiutato che Nocerino avesse avuto diversi contatti con “la camorra emergente”. Per questo motivo, i De Micco possono aver deciso che il 38enne doveva smettere di vivere.
All’alba di martedì 28 novembre, lo Stato mette a segno l’operazione più importante del 2017 che fa scattare le manette per 23 persone ritenute affiliate al clan De Micco.
Un duro colpo per “i Bodo”, un insperato “colpo di fortuna” per “la camorra emergente”.
“Le scintille” tra le fazioni opposte che si registrano da diversi mesi si convertono ben presto in una vera e propria faida: poche ore dopo gli arresti, “le pazzignane” del rione De Gasperi vanno a “fare casino” dai De Micco, perché vogliono rivendicare l’autonomia della loro piazza. La risposta del clan, seppur rimaneggiato, non può e non deve farsi attendere per dimostrare che non sono disposti ad uscire di scena: un commando di fuoco esplode diversi colpi di pistola contro l’abitazione di un pregiudicato, “Carmine ‘o russ'”, dedito allo spaccio per guadagnarsi da vivere, fin dai tempi dei Sarno, ma i killer sbagliano obiettivo: non era quella l’abitazione alla quale recapitare il messaggio che, seppur trasversalmente, giunge ai “pazzignani”: i De Micco vogliono la chiusura della loro piazza di spaccio.
Per diverse settimane, si alterneranno “stese” e raid intimidatori, principalmente a firma della “camorra emergente” contro i De Micco: dalla stesa in via Arturo Pepe all’ordigno esploso durante la notte dell’Immacolata nei pressi del circolo ricreativo di Antonio De Martino, stimato essere un membro del “gruppo di fuoco” dei De Micco e additato dalle ex reclute dello stesso clan passate dalla parte dello Stato, l’esecutore materiale dell’omicidio di Salvatore Solla.
Nel mezzo ci finisce Ciro Rigotti, un giovane calciatore, estraneo alle dinamiche camorristiche, ma figlio di Silvio Rigotti, pusher del Rione Conocal, arrestat0 nel corso dell’operazione Delenda che nel giugno 2016 fece scattare le manette per 94 persone. Silvio Rigotti era legato a Flavio Salzano, il giovane probabilmente ucciso dai De Micco mentre era latitante per impedirgli di diventare collaboratore di giustizia.
Il giovane Rigotti è stato gambizzato quasi sicuramente per impedire ai parenti del giovane di “fare gli infami” e dunque di passare dalla parte dello Stato.
Pochi giorni dopo, un summit della camorra emergente interrotto dalle forze dell’ordine in corso a Barra, ha permesso di scorgere il volto del nuovo clan.
La sera del 23 dicembre, intorno alle 18.30, all’incrocio tra via Cupa Vicinale Pepe e via Botteghelle, il 35enne Francesco Carrella è stato ferito ad una spalla da un proiettile.
L’uomo, disoccupato, si trovava a bordo della sua auto, una Porsche, insieme alla famiglia, quando è stato raggiunto dal colpo d’arma da fuoco. Trasportato all’ospedale Villa Betania, nella notte è stato sottoposto a un intervento chirurgico per la rimozione della pallottola.
A carico dell’uomo figurano precedenti per reati contro il patrimonio, ricettazione e truffa. Secondo la versione fornita da Carrella agli inquirenti, si sarebbe trovato sulla traiettoria di una pallottola vagante, esplosa da una scorribanda di giovani in sella a scooter.
Vittima involontaria di una stesa, dunque, seppure gli inquirenti non escludono che l’uomo potesse essere il reale obiettivo dei sicari.
Pochi dubbi, invece, sembrano esserci sull’identità del clan di appartenenza del “gruppo di fuoco”. L’agguato, infatti, porta la firma della “camorra emergente”, ovvero, il sodalizio criminale frutto di una serie di alleanze strategiche e che vede i Rinaldi di San Giovanni a Teduccio appoggiare i Minichini-Schisa e i Mammoliti-Baldassarre di Ponticelli. Un’alleanza nata con un obiettivo preciso: scalzare i De Micco dalla scena camorristica ponticellese.
Il gruppo di fuoco che parte da San Giovanni a Teduccio, nel corso degli ultimi giorni, avrebbe tentato più volte di fare irruzione nei rioni-simbolo della camorra ponticellese per compiere delle “stese”.
Sono gli ultimi sussulti del 2017 che cede il posto ad un nuovo anno che non inizia con i migliori propositi, a giudicare dalle premesse e dalla faida in corso.