Poco più di 15 giorni prima del blitz che lo scorso 28 novembre ha inflitto un duro colpo al clan De Micco di Ponticelli, facendo scattare le manette per 23 persone ritenute affiliate all’organizzazione criminale che da diversi anni detiene il controllo delle attività illecite nel quartiere della periferia orientale di Napoli, l’ultimo sussulto dei “Bodo” fu un agguato di chiara matrice camorristica avvenuto intorno alle 16.30 del 15 novembre che costò la vita al 38enne Ciro Nocerino.
Un delitto rapido ed eseguito con cinica ferocia che i parenti della vittima, fin dagli istanti immediatamente successivi all’agguato, hanno attribuito ai De Micco attraverso i social, seppur non abbiano fatto apertamente il nome di questi ultimi.
“Chi ti è più vicino ti pugnala alle spalle… lo dicevi sempre è così è stato”: tutti in questa direzione vertono i post pubblicati dai parenti di Nocerino per commemorare il congiunto ucciso e che parlano di un tradimento che sarebbe maturato da parte di persone di cui si fidava e che gli erano vicine.
Circostanza che trova riscontro anche in chiave investigativa, in quanto pochi dubbi vi sono sul fatto che su quell’agguato ci sia la firma del “clan dei tatuati”. Ragion per cui il cellulare di Nocerino è stato setacciato dagli inquirenti, a caccia di messaggi e di tracce utili a contestualizzare l’agguato. Così come i parenti della vittima sono stati ascoltati.
“E’ strana la vita, ancora di più lo è “La vita di chi pratica la camorra”: fino a due settimane prima, i De Micco potevano scendere in mezzo alla strada e fare un morto alle cinque del pomeriggio, come se niente fosse e due settimane dopo, “i pezzi da 90″ si ritrovano dietro le sbarre e chi è rimasto fuori deve guardarsi le spalle dai nuovi clan che vogliono prendersi Ponticelli.”
Inizia così la testimonianza di uno dei tanti giovani cresciuti tra le mura del quartiere, nel rispetto delle regole di “mamma camorra” e che poi, dopo diversi anni trascorsi in carcere, in seguito a un fugace periodo vissuto proprio tra le giovani reclute del clan De Micco, ha scelto di cambiare aria ed iniziare una nuova vita.
Lontano quanto basta per “parlarne tranquillamente” e vicino quanto basta a certi ambienti per saperne abbastanza, il giovane racconta quello che sa in merito all’omicidio Nocerino, il 38enne pluripregiudicato, in passato condannato per estorsione e che ha esordito sulla scena camorristica come uomo del clan Perrella.
Un agguato di chiaro stampo camorristico, avvenuto alle 16,30 di mercoledì 15 novembre in via Comunale Maranda a Ponticelli, davanti al liceo scientifico Calamandrei. Era lì che Nocerino aveva appuntamento con Fabio Tramontano giovane perito assicurativo che doveva effettuare una perizia sulla nuova auto del pregiudicato, con la quale aveva avuto un sinistro.
Due killer armati di pistola semiautomatica calibro 7,65 gli hanno esploso contro sei di pistola e sono scappati su uno scooter a folle velocità. Solo 5 proiettili hanno centrato il reale bersaglio dell’agguato in più parti del corpo, mentre uno ha colpito il giovane perito assicurativo ad un gluteo, sfiorando un fianco. Se quel proiettile lo avesse centrato pochi centimetri più in alto, il giovane perito assicurativo sarebbe rimasto paralizzato.
“I giornali hanno detto un sacco di scemenze, cioè che Nocerino sarebbe stato ucciso solo perché si era rifiutato di mantenere un carico di droga. Chi scrive queste cose, di camorra ci capisce poco: non si uccide una persona vicina al clan solo perché non ti vuole fare questo genere di favore. – racconta il giovane – Almeno i De Micco, comandati da una mente lucida e calcolatrice come Luigi De Micco, hanno sempre “usato la testa” e hanno ucciso quando era necessario.
Nocerino non era un pezzo da 90 del clan De Micco. Gestiva una piazza di spaccio nei pressi del Corso Ponticelli. La sua piazza andava bene, questo si, ma non si occupava di altro. Dicono che proprio perchè la piazza andava bene, non voleva più pagare il pizzo ai Bodo. Un amico mio che sta in mezzo a loro – è un affiliato al clan De Micco – il giorno dopo l’agguato mi disse che negli ultimi tempi Nocerino stava alzando la testa e che i Bodo erano certi che era in contatto con quelli dell’altro clan”.
Mammoliti-Baldassarre e Minichini-Schisa: questi i nuovi clan della “camorra emergente” tra le mura di Ponticelli. Il movente dell’agguato, secondo fonti investigative e stando a quello che afferma il giovane, ex contiguo al clan De Micco, è da ricercare nel fatto che Nocerino si stesse avvicinando ad una fazione avversa al suo clan.
L’assassinio di Nocerino è stato decretato dai De Micco per lanciare un messaggio chiaro agli affiliati, in un momento storico delicato per le sorti del clan, proprio in virtù della forza emergente dei nuovi cartelli criminali che rischiava di mettere in discussione l’egemonia dei “Bodo”, già prima dei 23 arresti.
Il clan non si tradisce, pena la morte: a questo è servita la morte di Nocerino, per punire un tentativo di tradimento e per dissuadere gli altri affiliati animati dallo stesso desiderio.
“Il fatto che Nocerino si sia rifiutato di nascondere un carico di droga – spiega il giovane – può essere vero e può essere stata “la prova” alla quale i De Micco hanno sottoposto Nocerino per capire se si potevano fidare di lui e per “testare” la sua fedeltà al clan. Se si è rifiutato, altro non ha fatto che confermare che stava cercando di prendere le distanze dal clan, ma non per mettersi in proprio. Nessuno può pensare di gestire una piazza di spaccio a Ponticelli in totale autonomia. Di questi tempi, la camorra vive soprattutto sulle spalle dei drogati. Si può dire che alla camorra è rimasta solo la droga, ormai. E posso assicurare che a Ponticelli girano tanti soldi intorno alle piazze di spaccio… a Napoli si dice che i soldi fanno venire la vista pure ai cecati e proprio questo succede in n quartiere dove si spaccia assai droga e quindi si guadagnano molti soldi: tutti vogliono entrare nel giro, tutti vogliono mangiare – trarre guadagno – su quella piazza di spaccio. In ogni rione, in ogni strada, in ogni vicolo dove esiste una piazza di spaccio, ci sono regole diverse, ma nessuno, a Ponticelli, finchè “i Bodo erano i Bodo” è riuscito a gestire una piazza in autonomia, senza pagargli il pizzo. E se è successo è perché alla base c’erano altri accordi: la camorra è sempre un dare-avere, non esistono benefattori, né boss generosi e chi racconta questo tipo di favola, lo fa per attirare dentro – portare all’affiliazione – le persone disperate, quelle che odiano lo Stato e cercano il riscatto e bevendosi quelle bugie, pensano di poterlo ottenere affidandosi all'”altro Stato…”