Napoli, 21 novembre 2004 – Due morti a Melito, due a Secondigliano: questa la cronaca di un giorno in cui la camorra ha scritto una delle pagine più violente di tutti i tempi.
Domenico Riccio, 49 anni, e Salvatore Gagliardi, 57 anni, vengono uccisi in un agguato a Melito di Napoli poco prima delle 10.30. Riccio è il titolare della rivendita di tabacchi di via Salvatore Di Giacomo dove i killer sono entrati in azione per uccidere Gagliardi, l’unico obiettivo dell’agguato.
Riccio è morto subito, mentre Gagliardi è morto poco dopo per le ferite riportate.
Mezz’ora dopo, a Secondigliano, viene ritrovato il cadavere di un uomo: si tratta di un altro pregiudicato, Francesco Tortora, di 63 anni. Tortora è stato ucciso con almeno cinque colpi alla testa, che gli hanno sfigurato il viso e poi è stato dato alle fiamme. Raggiunto dai sicari, che erano a bordo di una Ford Fiesta color ruggine, mentre era seduto nell’auto del proprietario di un garage in via Tessitori della Seta, nei pressi di via del Cassano. I sicari dopo averlo ucciso lo hanno caricato sulla Ford Fiesta e poi abbandonato in via Galileo Ferraris, a Casavatore, centro che confina con il quartiere periferico di Secondigliano. L’auto con il cadavere è stata trovata da una pattuglia dei vigili urbani, che hanno avvertito i militari. Francesco Tortora aveva lontani precedenti penali per favoreggiamento, ma era imparentato con esponenti del clan di Lauro. Le indagini, condotte dal pm Corona, tendono a collegare l’ omicidio di Tortora proprio con l’agguato nella tabaccheria di Melito.
Le indagini portano a una faida interna al clan Di Lauro, la potente organizzazione capeggiata da Paolo Di Lauro, “Ciruzzo o’ milionario”, latitante da oltre 2 anni. Alcuni suoi ex fedelissimi avrebbero deciso di mettersi in proprio per controllare le piazze dello spaccio della droga, e questo avrebbe scatenato la guerra. Le due vittime sono state trovate dietro al bancone, forse avevano capito quanto stava accedendo e avevano cercato di mettersi in salvo.
La quarta vittima è una donna, ritrovata in un’ auto data alle fiamme, nel quartiere Secondigliano. Il suo nome è Gelsomina Verde, di 22 anni, incensurata.
Anche la sua morte si colloca nell’ambito della faida di Scampia, seppure la giovane fosse completamente estranea alle dinamiche camorristiche, anni addietro aveva avuto una relazione con uno scissionista, ragion per cui il clan Di Lauro la torturò brutalmente per sapere dove fosse nascosto, prima di ucciderla e poi dare alle fiamme il suo corpo per tentare di nascondere i segni di quella violenza inaudita.