Pollena Trocchia (Napoli), 12 novembre 2000 – Valentina Terracciano è una bambina di appena due anni e quella mattina viene uccisa mentre si trova nel negozio di fiori dello zio, Fausto Terracciano, insieme alla madre e al padre che restano lievemente feriti.
L’obiettivo dell’agguato di Camorra è il fratellastro di Fausto, Domenico Arlistico, ma l’impossibilità di trovare il bersaglio finito nel mirino della camorra locale, spinge i sicari a colpire un suo congiunto, lo zio di Valentina appunto, compiendo cosi una “vendetta trasversale”.
Un commando composto da quattro persone, a bordo di due motociclette, aveva aperto il fuoco contro il negozio di fiori con l’obiettivo di uccidere Fausto Terracciano, lo zio di Valentina.
La bambina viene colpita da diverse pallottole alla testa e muore dopo un giorno di agonia all’ospedale.
La morte di Valentina Terracciano viene condannata anche dal clan che aveva ordinato l’esecuzione dello zio, probabilmente, solo per il fatto che le morti eclatanti di vittime innocenti della criminalità, come quelle dei bambini, generano forte indignazione da parte dell’opinione pubblica ed attirano l’attenzione dei media e delle istituzioni: tutte circostanze sgradite alla malavita.
Il clan Veneruso, quindi, dopo aver ordinato l’agguato mortale di Pollena Trocchia, ha prima nascosto Carmine De Simone, Ciro Improta, Ciro Molaro e Pasquale Fiorillo (tutti fra i 23 e i 24 anni e tutti originari di Somma Vesuviana) fra Caianello, in provincia di Caserta, e Ladispoli, in provincia di Roma, e poi li ha attirati a Cerveteri, dove ha tentato di giustiziarli. Qualcosa, però, deve essere andato storto e così Molaro e Fiorillo, che erano gli autisti del gruppo di fuoco, sono riusciti a salvarsi.
Ben tredici anni dopo quel brutale omicidio, è giunta la condanna definitiva all’ergastolo Gennaro Veneruso.