Quegli scatoloni, ammassati nelle stanze divorate dall’umidità e dal degrado derivante dalla totale assenza di qualsiasi forma di manutenzione da più di 50 anni, personificano la delusione di chi da decenni attendeva “quel giorno”, ovvero, il momento in cui avrebbe abbandonato quell’appartamento fatiscente per trasferirsi in un alloggio più degno di definirsi “casa”.
Invece, alcuni aventi diritto, sono stati beffati in dirittura d’arrivo, in maniera tanto anomala quanto burocraticamente inspiegabile, vedendosi negare l’assegnazione della casa che gli spettava, senza alcuna spiegazione. Proprio come dimostrano quegli scatoloni, riempiti con i ricordi e le cose che raccontano una vita intera trascorsa tra le rovine del Rione De Gasperi di Ponticelli. Quelle famiglie hanno ricevuto “la cartolina”, ovvero la notifica di avviso dell’imminente trasloco e hanno provveduto ad attivarsi per trasferire le loro cose nel nuovo alloggio che doveva essergli assegnato, ma che, invece, non gli è stato più assegnato. Nessuno ha provveduto a spiegare a quelle famiglie le motivazioni della mancata assegnazione.
“Un errore valutativo nella revisione dei documenti”: così dai caotici uffici del Servizio Politiche per la Casa di Piazza Cavour archiviano la faccenda. Un errore umano, dunque, frutto di leggerezze o disattenzioni, che si ripercuote su delle vite umane, che si sono viste negare la possibilità di fuggire dal degrado del rione e quindi costrette a vivere tra i fantasmi delle “case murate”. Una, due famiglie rimaste ad occupare un intero palazzo e che stanno pagando sulla loro pelle quell'”errore valutativo” che si è ripetuto in almeno tre casi in cui sicuramente è stata negata la casa ad altrettante famiglie “a posto con i documenti”. Nessun reato di affiliazione, nessun occupante senza titolo, nessun alloggio abusivo e si tratta perfino di alcune delle poche famiglie in regola con i pagamenti dell’affitto e delle bollette.
Tra le prime famiglie alle quali è stato assegnato un alloggio nel “nuovo Rione De Gasperi”, ne spiccano tre con un cognome che a Ponticelli e ancor più tra le mura di quel rione, per oltre 30 anni è stato sinonimo di camorra: Sarno. Il padre e due sorelle di esponenti di spicco del clan che proprio in quel rione aveva costruito la sua roccaforte e che oggi sono diventati collaboratori di giustizia, proprio loro, prima di chiunque altro, si sono visti corrispondere una casa che pochi mesi dopo sono stati costretti a lasciare, quando è esplosa la vendetta contro i parenti dei collaboratori di giustizia dei Sarno. Ragion per cui, anche quelle tre famiglie sono entrate in un piano di protezione che li ha costretti a trasferirsi in un luogo più sicuro.
Tre appartamenti rimasti vuoti, dunque, ma gli uffici del Comune non hanno ancora chiarito se verranno nuovamente assegnati, insieme agli ultimi 60 appartamenti circa da “abbinare” ad altrettante famiglie o se resteranno vuoti, in quanto già assegnati a quelle tre famiglie che, probabilmente, a Ponticelli non faranno più ritorno.
Un’enigma nell’enigma, uno dei tanti grattacapi che il Comune di Napoli dovrà risolvere nel definire i criteri di assegnazione di quegli alloggi e del conseguente piano di abbattimento.
Eccezion fatta per le famiglie “vittime” di questi “errori valutativi”, le circa 70 famiglie che vivono negli isolati coinvolti nel piano di abbattimento, sono occupanti senza titolo e, pertanto, non hanno diritto ad una nuova casa e, pertanto, non possono essere trasferite nei nuovi appartamenti. All’amministrazione, quindi, spetta il difficile compito di spostare quelle famiglie in altri isolati, per poter dare il via al piano di abbattimento.
Quindi, gli sforzi dell’amministrazione sono tutti mirati ad individuare i palazzi messi meglio, ovvero, quelli che possono garantire una condizione di vita quantomeno dignitosa e che in seguito agli interventi di messa in sicurezza che verranno attuati grazie ai circa 30mila euro a disposizione del Comune, possono ospitare i non aventi diritto che attualmente occupano gli edifici destinati a diventare polvere. In contemporanea, le famiglie che vivono nei palazzi che verranno adibiti ad alloggi temporanei per i non aventi diritto e che, invece, dispongono dei requisiti necessari per vedersi assegnare una casa, verrebbero trasferite nel “nuovo rione”.
Che ne sarà delle famiglie che vivono negli isolati che non rientrano nel piano di assegnazione e di abbattimento e che comunque vivono in condizioni precarie e in edifici fatiscenti, inagibili, pericolanti?
Un altro enigma, fin qui, irrisolto. Nel 2016, il comune di Napoli, nella persona dell’ex assessore al Patrimonio, Sandro Fucito, precisò che “come previsto dalla delibera, gli edifici non destinati all’abbattimento, rientrano in quelli contemplati in un patto collaborativo che prevede da parte del comune interventi di messa a norma degli impianti elettrici e ripristino servizi igienici, fino a un totale di 5.000 euro di spesa media a famiglia.” Provvedimento, in realtà, mai entrato nel vivo, ma solo accennato, nell’isolato 1.
In attesa che il Comune di Napoli firmi la delibera che definirà le sorti delle tante famiglie che vivono nel Rione De Gasperi e che ogni giorno fronteggiano mille difficoltà, quegli scatoloni continuano ad accumulare polvere e sofferenza.