Acerra (Napoli), 17 settembre 1999 – Una banda di quattro rapinatori esplode quattro proiettili contro un ambulante, ferendo ad un occhio una ragazza di 15 anni, Laura Castaldo, che passava in strada.
I malviventi in motorino avvicinano l’ ambulante che scappa con il suo furgone e uno dei rapinatori esplode quattro colpi. Il commerciante resta illeso, Laura Castaldo viene ferita alla testa, la giovane rischia seriamente di perdere l’occhio.
Quel pomeriggio, alle 14.45, era andata a comprare il pane con due amiche. Le tre sono in via Di Vittorio, a pochi metri da via Diaz, dove nel frattempo due giovani su uno scooter, pistola alla mano, assaltano il furgone di un venditore di secchi, scope e spugne. L’uomo si oppone, mette in moto il furgone, ma i due lo inseguono sparando, incuranti di chi possa trovarsi sulla traiettoria dei proiettili. E colpiscono Laura, che cade a terra senza perdere conoscenza, mentre le amiche cercano invano di fermare qualcuno per aiutarla. Le auto che passano non si fermano.
Dopo le prime indagini radiografiche e le analisi strumentali, i medici hanno stilato una prognosi più certa: le possibilità di recupero dell’occhio sinistro sono davvero poche. La pallottola è entrata dalla fronte nel cranio di Laura in modo obliquo: ma se miracolosamente non ha leso il cervello, passando a meno di un centimetro dalle meningi, ha sfiorato il nervo ottico sinistro provocando secondo gli stessi medici, una sorta di ustione e lesione traumatica che ha leso forse irrimediabilmente i tessuti nervosi.
La polizia, la mattina seguente, ferma due sedicenni facenti parte del gruppo, mentre continua a cercare gli altri due pregiudicati maggiorenni: per tutti l’accusa è di tentato omicidio e tentata rapina, anche se a premere il grilletto è stato uno dei due latitanti. Una banda di balordi, già protagonista di varie rapine nella stessa zona, ma che finora non aveva mai sparato.
L’identikit sociale dei due sedicenni è abbastanza usuale: evasori scolastici, nullafacenti, ma appartenenti a famiglie oneste, di operai della zona.
Gli inquirenti scopriranno che a premere il grilletto fu Antonio Capone, 23 anni, padre di una bimba di quattro mesi. Quando l’ hanno arrestato, in una masseria di Acerra, alle porte di Napoli, Antonio è scoppiato a piangere: “Non volevo fare del male a quella ragazza, ho perso la testa, faccio le rapine perché mi servono i soldi, devo pagare l’ affitto di casa, 500mila lire al mese, deve portare avanti la famiglia”.