Erano due grandi lavoratori, contadini d’altri tempi, i fratelli Aurelio e Luigi Luciani: 43 anni il primo, 48 il secondo, custodi di quell’amore per le radici, le origini, la terra che si tramanda di generazione in generazione e che nell’era contemporanea risuona un valore ormai superato.
E per questa ragione la mattina del 9 agosto sono morti. Anche quella mattina a bordo del loro Fiorino bianco, in compagnia degli attrezzi del mestiere, erano usciti per una giornata iniziata all’alba nei campi e terminata poche ore dopo, a poca distanza dalla vecchia stazione di San Marco in Lamis in provincia di Foggia, quando sono stati ammazzati, perché testimoni scomodi , involontari e inconsapevoli di un agguato messo a segno per uccidere il boss Mario Luciano Romito e il cognato, che era con lui, Matteo De Palma.
Luigi e Aurelio sono stati inseguiti e ammazzati con ferocia inaudita, a colpi di kalashnikov. Aurelio, che aveva tentato di fuggire uscendo dall’auto, è stato raggiunto da due colpi al fianco e uno al
Le quattro vittime erano a bordo di due diversi mezzi, un Fiorino ed un Maggiolone Volkswagen sulla quale si trovava Mario Luciano Romito di 50 anni — ritenuto dagli investigatori uno degli esponenti di spicco dell’omonimo clan di Manfredonia — e suo cognato Matteo De Palma che fungeva da autista. Un’autovettura, con i killer a bordo, ha affiancato il Maggiolone di Romito e De Palma. Subito dopo è stato aperto il fuoco con un Kalashnikov Ak-47 e un fucile da caccia calibro 12. Romito e De Palma sono morti sul colpo. Il nome di Romito — scarcerato il 3 agosto scorso — è legato alla cosiddetta “faida del Gargano” e alla rivalità con la famiglia Li Bergolis di Monte Sant’Angelo. Mario Luciano Romito, ritenuto dagli investigatori a capo dell’omonimo clan che negli ultimi anni si è contrapposto alla famiglia Li Bergolis di Monte Sant’Angelo, era sfuggito ad altri agguati. Tra tutti gli episodi, quello più eclatante avvenne il 18 settembre 2009: Romito uscì illeso da un attentato dinamitardo mentre si stava recando, in compagnia del fratello Ivan, alla caserma dei carabinieri dove aveva l’obbligo di firma.
Dopo aver sparato contro il Maggiolone, i killer si sono scatenati contro gli occupanti del Fiorino, uccidendo sul colpo uno dei due e ferendo gravemente l’altro, poi morto nell’ospedale di San Severo. I due erano a bordo del Fiorino e dopo il duplice omicidio avvenuto sotto i loro occhi, sono fuggiti ma sono stati inseguiti e costretti a fermarsi.
Stamattina, venerdì 11 agosto, si sono svolti in forma strettamente privata come disposto dalla Questura, a Manfredonia, una funzione religiosa per Mario Luciano Romito di 50 anni e del cognato, che gli faceva da autista Matteo De Palma di 44, entrambi uccisi, assieme a due agricoltori incolpevoli testimoni, nell’agguato nei pressi della vecchia stazione di San Marco in Lamis mercoledì scorso. La Questura ha dunque deciso di evitare funerali pubblici per il boss ucciso.
Mentre nel pomeriggio, nella chiesa Santissima Annunziata di San Marco in Lamis detta anche ‘Collegiata’, hanno avuto luogo Centinaia di persone hanno partecipato, , ai funerali dei fratelli Luigi e Aurelio Luciani, i due contadini di San Marco.
Un lunghissimo applauso di centinaia di persone ha accompagnato nel loro ultimo viaggio i feretri dei due fratelli, vittime innocenti della mafia, così come scandito dalla folla che ha urlato proprio le parole ‘vittime innocenti’ per sottolineare l’estraneità alle dinamiche camorristiche foggiane dei due contadini, onesti lavoratori che hanno pagato con la vita la furia omicida della mafia.
Intanto, nel corso delle stesse ore intense di cordoglio e commozione, Libera ha annunciato che si svolgerà a Foggia il 21 marzo 2018 la XXIII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Libera ha scelto Foggia – si legge in una nota – come piazza principale per stare vicino a chi, in Puglia, come in altre Regioni, non si rassegna alla violenza mafiosa, alla corruzione e agli abusi di potere. Per valorizzare l’opera di tante realtà, laiche e cattoliche, istituzionali e associative, impegnate in quella terra difficile ma generosa per il bene comune, per la dignità e la libertà delle persone. Per denunciare la mafia foggiana e le forme di silenzio e complicità che la favoriscono. A sottolineare, non solo simbolicamente, che per contrastare le mafie e la corruzione occorre sì il grande impegno delle forze di polizia e di molti magistrati, ma prima ancora occorre diventare una comunità solidale e corresponsabile, che faccia del ‘noi’ non solo una parola, ma un crocevia di bisogni, desideri e speranze”. “Da settembre inizierà un percorso verso il 21 marzo per trarre i massimi risultati in termini di consapevolezza in Capitanata e fuori. Con l’aiuto di magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, del mondo del giornalismo, con il coinvolgimento di scuole e delle università rifletteremo su ciò che sta accadendo, che affari stanno facendo ora i clan e perché sono in guerra tra di loro”, conclude la nota.