Siculiana (Agrigento), 10 agosto 1976 – Raggiunta dalle fiamme causate da un criminoso attentato dinamitardo maturato alle 2 di notte, una bimba di 4 anni, che stava trascorrendo un breve periodo di vacanze con la famiglia nel centro agrigentino di Siculiana, a due passi dal mare, è morta dopo una straziante agonia, per le tremende ustioni in tutto il corpo. Destino condiviso con sua madre.
La piccola, Annalisa Angotti, stava dormendo in una delle due stanzette di cui si compone la minuscola casa che il padre Ugo, un modesto impiegato comunale di 46 anni, aveva preso in affitto per la vacanza nella centralissima via Marconi, quando una fortissima esplosione ha fatto tremare tutte le finestre.
Una carica di tritolo ad alto potenziale deposta sotto una «Ford 2000» parcheggiata proprio dirimpetto a casa Angotti, di proprietà dell’operaio 45enne Francesco Frenda (un emigrato tornato solo da due giorni a casa dalla Germania), era scoppiata distruggendo l’auto, danneggiandone un’altra e appiccando il fuoco tutto intorno.
L’esplosione è stata violentissima: l’altra auto danneggiata addirittura è stata trascinata dallo spostamento di aria per una ventina di metri, per poi sfasciarsi contro un muro.
Dai balconi delle case che danno sulla strada si sono affacciate decine di persone. Ugo Agnotti, il capofamiglia, riuscì a mettere in salvo tre dei suoi quattro figli: i piccoli Raffaella 13 anni, Francesca 16 anni, Renato 9 anni. Solo la moglie Carmela Milazzo, di 38 anni e la piccola Annalisa, profondamente addormentate, rimasero nell’appartamento in preda alle fiamme. Intanto, la benzina che era sprizzata dai serbatoi delle due auto, infiammata, ha trovato esca nel legno del piccolo portoncino della casa che ospitava la famiglia Angotti, innalzando nel volgere di pochi secondi una vera e propria cortina di fuoco davanti all’uscita di questa casa e di quella adiacente, abitata da Mario Bruno di 37 anni, dalla moglie Virgilia Pantano, di 38 anni e dalla loro nipotina, Giuseppina La Novara, di 11 anni.
Mentre questi ultimi si salvavano attraversando in preda al terrore la barriera di fiamme, e riportando qualche lieve ustione, Angotti tornò dentro per cercare di portare con sé le proprie cose, la moglie e la figlia. Ma l’incendio, presumibilmente per effetto del vento, si era esteso anche dentro casa e aveva avvolto il letto di Annalisa.
Da questo momento gli avvenimenti hanno preso una piega convulsa e drammaticissima: c’è voluto qualche minuto prima di riuscire a spegnere le fiamme. E poi, ancora tempo prezioso per trovare il coraggio di oltrepassare il fuoco che si era fatto più alto. Quando, finalmente, il gruppo di famigliari è venuto fuori da questo scenario d’incubo, il corpo della piccola, tra i brandelli del pigiama bruciato, non era più che una orribile piaga. Alla fine, si è trovato un medico che ha dato alla bimba qualche dose di calmante contro il dolore.
Due ore dopo, non essendoci nelle vicinanze nemmeno un pronto soccorso — ed è questa, certamente, un’altra delle cause del tragico epilogo dell’episodio — Annalisa è stata trasportata in macchina nell’ospedale di Caltanissetta. Ma all’alba anche i sassi nisseni hanno dichiarato forfait. Una nuova, convulsa corsa in autoambulanza alla volta di Palermo e il giorno seguente, a tarda ora, al reparto rianimazione dell’Ospedale Civico; ma la bambina, che aveva il corpo ricoperto da ustioni di primo, secondo e terzo grado, è spirata. Carmela Milazzo, invece, morì dopo sei giorni di agonia.
Altre dieci persone coinvolte nell’incendio sono state giudicate guaribili in pochi giorni. Nessuna di esse, con ogni probabilità, non aveva nulla a che vedere con l’obiettivo dell’attentato.
L’operaio era tornato per un breve periodo di ferie tre anni addietro a Siculiana. Tutto il resto della sua vita, da sedici anni a questa parte, l’ha passata fuori dai confini d’Italia, per cui è risultato assai difficile per gli inquirenti trovare, nei suoi pochissimi legami col paese di origine, una qualche matrice del criminoso attentato.