Via Carlo Miranda è una strada di Ponticelli che più e meglio di qualunque altra rispecchia l’essenza di un quartiere, sopraffatto dal degrado e vittima di un’inerzia politica e istituzionale che stenta ad avviare concretamente la riqualifica del territorio.
Un terreno, vasto, esteso e in preda all’incuria che, in più circostanze, è stato tirato in ballo in progetti di riqualifica, soprattutto di edilizia popolare che avrebbero concorso a risolvere lo stato di emergenza abitativa in cui versano migliaia di nuclei familiari nella sola Ponticelli e che, invece, è a tutti gli effetti una delle tante discariche a cielo aperto del quartiere.
I lavori che avrebbero dovuto portare alla realizzazione di nuovi plessi di edilizia popolare, in realtà, furono avviati, ma bruscamente interrotti perchè non autorizzati e definitivamente fermati, in seguito ad un incidente in cui perse la vita un ragazzino: quei cantieri dismessi, infatti, erano il campo di gioco dei bambini del posto che si introducevano con estrema facilità tra ammassi di cemento e ferri penzolanti. Nessuna messa in sicurezza, nessun sigillo: poi, in seguito all’incidente costato la morte a Francesco Paolillo, è calato il sipario sull’intero progetto e su quel terreno che continua a preservare il suo status di potenziale chiave di svolta per la reale riqualifica di una periferia disagiata, ma costretta a vedersi divorare dalla ferocia del degrado.
L’ex assessore al patrimonio ed attuale presidente del consiglio comunale, Sandro Fucito, durante la campagna elettorale del 2016, contestualmente all’avvio del progetto di riqualifica del Rione De Gasperi di Ponticelli che non assicura un alloggio a tutti gli aventi diritto che abitano in quella sede, dichiarò che proprio in via Carlo Miranda, entro il 2020, avrebbe avuto luogo la costruzione di nuovi alloggi di proprietà del comune che avrebbero definitivamente risolto la situazione e la condizione di quelle famiglie che da decenni sono in attesa di un alloggio.
Subito dopo la riconferma di de Magistris sulla poltrona di Palazzo San Giacomo in veste di primo cittadino di Napoli, lo stesso Fucito, annunciò che i fondi che da investire per la realizzazione di quel progetto, non erano più disponibili.
Un copione che nel corso degli anni si è ripetuto più volte: “arriveranno i fondi.”… “I fondi non sono arrivati.”
Intanto, tra l’erba folta e incolta, si annida di tutto: le carcasse di auto rubate, rifiuti di qualsiasi tipo, compresi quelli speciali. E molto altro.
Approfittando della tranquilla discrezione che anima la strade del quartiere semideserto in questi giorni d’agosto, qualcuno ne ha approfittato per avviare “i soliti lavori”, necessari per spianare il terreno ed affossare balle di rifiuti e quintali di spazzatura sottoterra. Proprio lì, in quel terreno che si annida tra centinaia di case popolari. E proprio grazie alla tempestiva segnalazione dei residenti in zona è stato possibile correre ai ripari.
Alle spalle del parco Merola, proprio nell’arco degli stessi giorni in cui è in corso la realizzazione della quinta opera di street art, sono a lavoro diversi mezzi. Autocarri e ruspe utilizzati per spostare diversi metri cubi di rifiuti e per spianare il terreno. Sono spuntate anche alcune balle di “monnezza” proprio negli scavi di fondazione di altre palazzine popolari che dovevano essere costruite già da diversi lustri. Il piano, come detto, è stato poi bloccato.
Sono stati i residenti in zona ad allertare la polizia municipale di Napoli e gli organi competenti per una verifica di eventuali permessi che possano legittimare l’opera di privati sul terreno pubblico, insospettiti dalla presenza di quelle ruspe che nel corso degli anni si è registrata in diverse circostanze e proprio perchè al corrente del fatto che il comune di Napoli avesse intenzione di costruire un nuovo plesso di case popolari in quella sede, non avevano mai dato peso la cosa. In questo periodo storico, invece, le circostanze giocano a sfavore delle ecomafie, perchè a Palazzo San Giacomo è tutto fermo: dall’assegnazione degli alloggi a quelle delle case d’appoggio, compresi piano d’abbattimento e costruzione di nuovi alloggi. Lo sanno bene i cittadini che stanno seguendo con attenzione la “telenovelas Rione De Gasperi” e pertanto hanno erano certi che quelle ruspe non fossero armate di buone intenzioni.
Intanto si dovrà capire come questi rifiuti siano arrivati sul posto e se sono in corpo operazioni per occultare i cumuli così come già capitato in altre zone. I lavori erano necessari per movimentare il terreno e i rifiuti che resta da accertare se interrati lì da lungo tempo o introdotti di recente.
L’area, come detto, era già stata sottoposta a sequestro, quindi, i responsabili della ditta. sorpresa ad operare in quel terreno, tra le tante cose, potrebbe anche rispondere del reato di violazione dei sigilli.
Invero, la politica adottata in materia di messa in sicurezza di quell’area, ha sempre destato molte perplessità: anche quando Paolillo si introdusse in quell’area, perdendo la vita in seguito alla caduta all’interno del vano di un ascensore, quella terra non era accessibile al pubblico o, perlomeno, non doveva esserlo.
E, allora, perchè i bambini abitualmente si recavano in quel cantiere dismesso per giocare e curiosare tra mille pericoli?
E dopo la morte di Paolillo, perchè “la linea morbida e tollerante” ha continuato a vegliare su quel cantiere a cielo aperto che, per anni, è stato alla mercè di chiunque, ricordiamolo, in primis della criminalità che era proprio lì che nascondeva le auto rubate per rivenderne i pezzi o per occultarle, dopo averle utilizzate per mettere a segno furti, rapine e in alcuni casi, perfino qualche omicidio.
Lo scorso inverno, la polizia municipale ha effettuato degli interventi e ha provveduto a rimuovere le carcasse di due auto, ma la vasta proporzione del terreno e l’entità dei rifiuti rilevabili già a vista, imponevano tutt’altri e ben più severi e risolutivi interventi. Perchè così non è stato?
Le responsabilità di colpa che hanno determinato l’insorgenza di un disastro ambientale con effetti nocivi sui residenti in zona, va equamente ripartita tra chi ha sversato i rifiuti in quella sede e chi aveva il potere e l’autorità per intervenire ed è rimasto a guardare.
Puntualmente, ogni estate, quel vasto terreno viene divorato dalle fiamme: fitti roghi alimentati da erba secca e rifiuti sono ormai una consueta e consolidata abitudine.
Le fiamme si spengono e il nastro si riavvolge.
L’erba ricresce, altri rifiuti vengono gettati in quell’area e l’estate seguente un nuovo incendio concorre a “fare pulizia”, con tutte le ripercussioni che quei fumi maleodoranti e cupi comportano sulla salute dei cittadini.
Un ciclo che, fin qui, nessuno ha arrestato.
Seppure l’area includa un cantiere non ancora messo in sicurezza, ma lasciato in balia di vandali e malintenzionati, nessuno ha provveduto ad attenzionare l’area apponendo dei sigilli, meno che mai, in seguito all’ultimo violento incendio che, anche quest’estate è divampato in quella zona, minacciando seriamente l’incolumità delle famiglie che vivono nel vicino parco Merola.
Quale futuro attende il terreno di via Carlo Miranda, in virtù degli ultimi clamorosi sviluppi?