Il nuovo procuratore di Napoli è Giovanni Melillo, classe 1959, nato a Foggia. Il Consiglio superiore della magistratura ha dunque nominato al vertice della Procura partenopea l’ex capo di Gabinetto del Ministero della giustizia.
La nomina, 14 voti a favore contro i 9 per lo sfidante, il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho, è giunta nell’ultima seduta di Plenum prima della pausa estiva e pone fine a mesi di polemiche. La scelta era molto delicata, visto che riguardava il più grande ufficio di Procura del Paese.
La procura di Napoli era vacante dallo scorso 17 febbraio quando l’allora procuratore Giovanni Colangelo, in seguito alla riforma del governo Renzi che abbassava da 75 a 70 anni l’età massima per il trattenimento in servizio delle toghe, aveva dovuto lasciare l’incarico.
In molti avevano visto nella scelta di pensionare anticipatamente Colangelo e di non prorogarlo nell’incarico, come invece fatto per i vertici della Corte di Cassazione, una vendetta del governo contro colui che, indagando sul caso Consip, aveva messo nel mirino il padre dell’ex premier e alcuni esponenti del Giglio magico come il ministro dello Sport Luca Lotti e i generali dei carabinieri Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia.
Il profilo professionale di Melillo è quello che garantisce discontinuità con il passato ed una leadership forte ed autorevole, in grado di affrontare con risolutezza le gravi criticità emerse.
A far pendere la bilancia dalla sua parte, dunque, le doti organizzative di Melillo. Il suo primo compito sarà ricompattare l’ufficio, ma anche dare un nuovo assetto della Procura di Napoli, evitando il ripetersi in futuro delle opacità emerse negli ultimi mesi. La scelta di Melillo di tornare nella giurisdizione, come sostituto procuratore generale a Roma ha poi tolto quel velo di contiguità con la politica che l’incarico di capo di Gabinetto.
Franco Roberti, a breve, lascerà la poltrona di procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Un posto che si attaglia al meglio per De Raho visto che a Napoli, dove esercita la professione forense il figlio, come affermato dal presidente della Cassazione Giovanni Canzio, vi è una «incompatibilità , chiara univoca e preclusiva».