Sessa Aurunca (Caserta), 24 luglio 1991 – Alberto Varone ha 49 anni ed è un lavoratore, uno di quegli uomini onesti che lavorano sodo per mandare avanti la famiglia. Quella di Alberto è numerosa: ha 5 figli e per mantenere la sua famiglia si alza ogni notte alle 3, con la Kadett rossa da Sessa Aurunca arriva a San Nicola la Strada, va a prendere i giornali, poi li distribuisce in una trentina di edicole tra Roccamonfina e le frazioni di Sessa.
Concluso il giro, verso le otto del mattino, raggiunge la moglie al negozio di mobili che gestiscono. Alberto Varone è un uomo onesto e fiero, non si è mai piegato ai ricatti dei camorristi, quelli del clan Esposito che dalla fine degli anni Ottanta domina la zona. Il suo no glielo grida in faccia. Un affronto che il capoclan Mario Esposito non gli perdona e ne decreta la morte. Il 24 luglio del 1991, Alberto Varone come ogni notte è sulla via Appia, guida la sua auto piena di giornali. Lo raggiunge un commando di fuoco, gli sbarrano la strada, esplodono diversi colpi con un fucile a canne mozze, poi gli sparano in faccia. Nonostante sia stato travolto da una pioggia di proiettili, Alberto non muore subito. Finirà qualche ora più tardi su un letto di ospedale, ma prima riuscirà a far capire alla moglie chi è stato a ucciderlo.
Il figlio di Alberto, Giancarlo, ha la fierezza del padre. Decide, con l’aiuto degli amici, di riprenderne il lavoro, alzarsi di notte, distribuire i giornali. Non mancano le minacce, ritornano le ritorsioni del clan. Tuttavia la madre, con il conforto del vescovo Nogaro, supera le paure per i figli, decide di denunciare gli assassini del marito. Le minacce si fanno più pressanti. La famiglia Varone entra nel programma di protezione, sono portati tutti via. Da allora, nessuno sa più nulla di loro.