I baretti di San Pasquale a Chiaia: uno dei luoghi-simbolo della movida napoletana, preso d’assalto da migliaia di giovani avventori tutte le sere, con picchi di massima affluenza nel weekend.
La presenza di pusher e spacciatori tra i vicoli di Chiaia è un dato acquisito ormai da tempo, confermato dall’ennesima operazione antidroga degli agenti della Polizia di Stato del Commissariato San Ferdinando di Napoli che ha portato all’arresto di un minore durante la notte di giovedì 20 aprile.
Il giovane, di soli 16 anni, è stato notato dagli agenti mentre in abbigliamento sportivo e con un cappellino da baseball, raggiungeva un uomo al quale ha consegnato una dose di cocaina, dopo aver intascato 20 euro.
L’utilizzo di minori per smerciare droga nei luoghi di ritrovo più battuti dai giovani, non è l’unico escamotage di cui le organizzazioni criminali hanno imparato a servirsi per non dare nell’occhio ed eludere i controlli delle forze dell’ordine.
La “consegna a domicilio” di sostanze stupefacenti, ad esempio, è un business in forte ascesa.
L’esigenza di spacciare servendosi di questa nuova metodica, rappresenta una sorta di scelta obbligata per “i cani sciolti” o i clan rimaneggiati da arresti ed omicidi, per non pagare il pizzo sulle piazze di spaccio alle organizzazioni che detengono il controllo dei traffici illeciti.
Rione Traiano, Scampia-Secondigliano, Ponticelli-Barra-San Giovanni a Teduccio, ma anche Melito e Mugnano: questi i quartieri e i comuni dai quali i giovani pusher partono riforniti esclusivamente di cocaina, distribuita in dosi prestabilite, perché sanno già non solo quanta ne venderanno, ma anche a chi. Ma anche l’amnesia continua ad andare forte. E questo gli conferisce un vantaggio enorme, perché non devono esporsi per agganciare l’acquirente.
Chi sono i clienti dei pusher a domicilio?
Ragazzi benestanti, pronti anche a sborsare “un extra” per pagare la trasferta al pusher di fiducia, reclutati quando gestivano le piazze di spaccio o conosciuti casualmente, in vacanza o durante una serata di schiamazzi in discoteca.
La droga viene ordinata dal cliente tramite un messaggio in codice inviato attraverso il celebre servizio di messaggistica “whatsapp”, in cui vengono forniti dati ben precisi: il numero di acquirenti, il quantitativo di dosi che s’intende comprare, il tipo di droga, il luogo e l’ora dell’appuntamento.
Laddove giunge “un ordine” da un cliente nuovo e sconosciuto, il pusher non solo si guarda bene dal rispondere, ma provvede a cambiare numero di cellulare e a distruggere la vecchia scheda telefonica.
L’unico modo che ha un nuovo acquirente di entrare nel giro è farsi presentare da un cliente del quale i pusher già si fidano.
Le location più quotate per concretizzare questa compravendita di droga sono le strade più praticate dai giovani al Vomero, a San Pasquale a Chiaia e soprattutto il lungomare Caracciolo.
Quello che si palesa agli occhi delle forze dell’ordine, dei passanti e degli avventori è un gruppo di ragazzi che chiacchierano, bevono un drink, ridono e scherzano. Scene di movida ordinaria, insomma.
Lo scambio avviene con scioltezza, talvolta comodamente seduti al tavolino di un bar, simulando la raccolta della quote pro capite per pagare il conto.
È quasi impossibile rilevare quello che realmente “passa tra le mani” di pusher ed acquirenti. Avviene tutto con disinvoltura e destrezza, in un lampo.
I giovani appartenenti ai cartelli criminali più in vista, inoltre, per camuffarsi al meglio tra luci e fragore della Napoli by night, non di rado reclutano giovani incensurati, inconsapevoli, estranei tanto all’attività di spaccio quanto a quella malavitosa.
Le “prede” più avvezze a finire in questo genere di trappola sono i giovani studenti universitari o nullatenenti, provenienti da famiglie modeste, le cui finanze non possono assicurare più di una bottiglia di birra da consumare seduti su una panchina o nell’afosa piazza del paese o del rione.
I baby boss si appropriano di quell’indole da bravo ragazzo per passare inosservati, per mimetizzarsi al meglio in quei contesti in cui barbe e outfit kitsch risuonano come note troppo stonate, simulando agli occhi delle “vittime” un atto di magnanima generosità verso un coetaneo cresciuto nello stesso quartiere, rione o vicolo, che non può permettersi una “notte di schiamazzi con i fiocchi”.
“Vieni con noi, ti offriamo una bevuta”: questo il gergo adottato dai baby camorristi per reclutare facce pulite.
Quelle facce pulite che possono esibire, soprattutto, al cospetto di un posto di blocco, millantando un’innocua uscita tra amici. Non a caso, il più delle volte, a guidare l’auto è proprio uno dei “bravi ragazzi prescelti”.
Le carrellate di selfie pompate da frasi ad effetto da pubblicare sui social, la discrezione e la sobrietà da mantenere fino a quando non ci si disfa di tutte le dosi, per poi adottare l’atteggiamento opposto, complici le bottiglie di Belvedere e Vodka che scorrono a fiumi, con l’intento di attirare l’attenzione per crearsi un alibi inossidabile e consolidare quell’immagine che allontana dubbi e sospetti e rifocilla le finanze del clan.
Del resto, nell’immaginario collettivo, sono solo dei ragazzi come tanti che si stanno divertendo e che hanno solo alzato un po’ troppo il gomito.