“Guagliù questa occasione ce la manda il Padreterno”: con questa frase la 39enne Emilia Sibillo – solo omonima dei Sibillo dei Tribunali – moglie del boss Giuseppe Buonerba, ordina un omicidio ai baby-gregari del clan. Un agguato costato la vita a Salvatore D’Alpino quando, nel tardo pomeriggio del 30 luglio 2014, davanti a una pizzeria in piazza Mancini. «Bravo eh, ma senza fare bordello…non cominciate a fare bordello, ja’ che questa occasione è buona».
“I capelloni”: questo il soprannome del clan Buonerba, il sodalizio criminale che nell’estate del 2015 terrorizzò il centro storico con sparatorie all’ordine del giorno, omicidi e ferimenti.
A capo della cosca, le donne del clan, non solo Emilia Sibillo, ma anche Assunta e Maria Buonerba, il 23enne Gennaro Buonerba, fratello del boss Giuseppe.
Intercettazioni telefoniche e ambientali, il filmato di una telecamere e una serie di riscontri hanno permesso agli investigatori di ricostruire i ruoli dei vari gregari all’interno del clan, dai fatti di sangue all’associazione di tipo mafioso e alla detenzione di armi, e soprattutto il business della droga e delle estorsioni che hanno generato la faida tra i Giuliano-Sibillo- Brunetti-Amirante e i Mazzarella-Buonerba di Forcella.
Nell’estate del 2015, il sodalizio criminale tenuto in piedi dalle donne e dai giovanissimi, in seguito alla cattura dei boss, ogni notte seminava il terrore partendo da via Oronzo Costa, quartier generale del clan, strada in cui fu ucciso il giovane Emanuele Sibillo, reggente dell’omonimo clan.
Durante l’operazione che fece scattare le manette per i protagonisti di quell’estate di fuoco, gli uomini in divisa nei bunker del clan trovarono due ordigni esplosivi artigianali, una pistola, quantitativi ingenti di marijuana e cocaina.
Mentre Emilia Sibillo e il cognato Gennaro Buonerba sono ritenuti i mandanti dell’omicidio di Salvatore D’Arpino, la 30enne Assunta Buonerba si ritiene abbia avuto il ruolo di “specchiettista” per aver segnalato, con Luigi Scafaro, agli esecutori materiali dell’omicidio avvenuto a piazza Mancini, la presenza della vittima all’esterno della pizzeria Fortuna. Descrivendone l’abbigliamento e indicando il momento propizio per sparare. Infine, Maria Buonerba, 35 anni, fu arrestata un anno fa in flagranza di reato per detenzione di materiale esplodente e detenzione di sostanze stupefacenti.
“Loro sono la ‘paranza dei bimbi’? Noi siamo il terrore di via Oronzio Costa, anzi d’ora in poi via Costa (roccaforte dei Buonerba) si chiamerà ‘vicolo della morte'”: questa l’intercettazione dalla quale emerge tutta la violenza della famiglia camorristica Buonerba.
Ancora più agghiaccianti le conversazioni in casa, quando il clan decide di uccidere Salvatore D’Arpino detto ‘o brillante, uomo dei Sibillo. Dice Assunta Buonerba, sorella del boss: “Totore ‘o brillante si deve sparare. Si deve levare di mezzo”. Ed Emilia Sibillo, moglie del capoclan in carcere Giuseppe Buonerba: “Si deve andare a colpo sicuro: Bum”.Il 30 luglio l’agguato in piazza Mancini, il video di una pizzeria riprende il killer (Antonio Amoroso) mentre spara contro D’Alpino e Caldarelli sotto gli occhi di numerose persone che non reagiscono in alcun modo. La notizia arriva presto in via Oronzo Costa. Qualcuno ha il dubbio che sia stato ucciso l’omonimo e cugino di D’Alpino, soprannominato ‘o celeste, perché era anche lui in piazza Mancini e, come il parente, indossava una maglietta rosa. Commentano: “Quello ha fatto così e quello bum… credimi… lo ha acchiappato in faccia…”. “Ma mo’ se sta tutto a posto chi è è, che ce ne fotte… è la stessa cosa, levato pure da mezzo questo non fa niente, va bene, è il cugino, appartiene a lui”. Un morto vale l’altro, mentre il reggente Gennaro Buonerba pensa al suo killer Amoruso: “Ho capito mo’ che succede… il questore a due passi, hai capito, se mo’ sono scese trecento guardie ne scendono tremila (si riferisce alla presenza di una personalità nella zona di Forcella contestualmente alle fasi dell’omicidio) “. E alludendo al killer: “Questo mo’ domani, dopodomani, piglia trent’anni di carcere”. Amoruso, cui è facile risalire perché ha sparato con la mano sinistra in quanto mancino, viene anche rimproverato. “Il cazzo dei guai tuoi sono i tatuaggi”, che lo rendono ancor più identificabile. Poi però il boss decide di fargli un regalo: “Ho pigliato la bomba, ti ho fatto un regalo per quello che è successo. Così la butti tu… la butto io…è la stessa mano. Siamo una cosa“.
Una bomba in regalo per avere ucciso. Clan violento e disposto a tutto, che parla anche della morte di Luigi Galletta, l’innocente meccanico incensurato, prima picchiato brutalmente e poi ammazzato perché “colpevole” di essere il cugino di un sicario dei Buonerba.
Galletta fu ucciso per vendetta, perché era il cugino di Luigi Criscuolo, uno degli affiliati di spicco del clan dei ‘capelloni’ di via Oronzio Costa a Forcella, ovvero i Buonerba, accusato di aver ucciso un pregiudicato nei pressi della stazione centrale di Napoli il giorno prima dell’omicidio del suo congiunto.
Omicidi efferati, uno spregiudicato uso delle armi e perfino delle bombe, donne esperte del business della droga e capaci di dettare tempistiche e dinamiche degli omicidi: questi i tratti distintivi del clan Buonerba, un’organizzazione che ha prestato plurimi spunti a “Gomorra”.