Gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato di Ponticelli hanno eseguito a carico di un minore del posto una misura cautelare di collocamento in comunità sulla base di un provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli. Il minore è infatti indagato per i reati di atti persecutori, lesioni, violenza privata e minaccia nei confronti di una 16enne dello stesso quartiere della periferia orientale di Napoli.
Nei giorni scorsi la 16enne aveva denunciato i comportamenti violenti e persecutori del suo ex fidanzato presso gli uffici del Commissariato. Con tempestività i poliziotti di Ponticelli hanno avviato tutte le attività info-investigative necessarie per richiedere con estrema urgenza all’Autorità Giudiziaria l’emissione di un provvedimento cautelare finalizzato ai ridimensionamento della condotta del ragazzo e alla contemporanea salvaguardia della 16enne estremamente provata dai subiti e ripetuti soprusi. Pertanto il minore è stato raggiunto dai poliziotti che ne hanno disposto la collocazione in una comunità protetta in attesa delle determinazioni della magistratura minorile.
Una vicenda che apre uno squarcio su un fenomeno sociale figlio di un consolidato atteggiamento culturale, dove ricondurre tutto alla semplice gelosia appare un grande e riduttivo errore valutativo.
Situazioni frutto di un’ideologia tutt’altro che al passo con i tempi, ma che dilaga soprattutto tra i ranghi dei ceti sociali più disagiati. Complice la scarsa istruzione e uno stile di vita dettato da un modello familiare in cui la donna appare come una figura subordinata e sottomessa a quella maschile, anche nel 2017 sono tantissimi i giovani che “quando vanno a parlare in casa”, ovvero, quando vanno a conoscere i genitori della fidanzata, mettono subito le cose in chiaro dettando regole ben precise che non di rado impongono l’abbandono di look appariscenti e provocanti, oltre ad un regime di autentica reclusione che costringe la dolce metà ad uscire solo se accompagnata da madre e suocera, in assenza del promesso sposo.
Paradossale, ma reale: giovani ragazze che per amore accettano di rinunciare alle più basilari forme di libertà e che in alcuni casi smettono perfino di volersi bene, riducendo ad unica ragione di vita l’assecondare tutte le volontà imposte dal fidanzato-padrone. E se la mancata osservazione di quegli ordini comporta qualche ceffone o punizioni corporali più severe, è la fidanzata-schiava per prima a giustificare la violenza subita, perché “lo ha meritato”.
Un fenomeno culturale, quello dell’amore tra i meandri di quella Napoli così buia e tortuosa, ampiamente raccontato da innumerevoli canzoni neomelodiche. Quelle che riecheggiano a palla durante le pulizie domestiche al mattino e di sera vengono urlate a squarciagola quando le star vanno a consegnare l’acclamata “serenata” alla sposa di turno.
Canzoni d’amore in cui il tema centrale del testo è la gelosia, “possessiva quasi da follia”, come narra una delle hit del celebre “Anthony”. Canzone, tra l’altro, ascoltata da “Tonino Spiderman” durante la prima serie di Gomorra, quando in sella al suo scooter, viene raggiunto dai killer che lo uccidono.
“Quello schiaffo te lo sei voluto”: recita ancora lo stesso testo della canzone, in un rocambolesco rovesciamento del fronte, figlio proprio di quest’ideologia che declassa e sminuisce la figura della donna, depredandola non solo di dignità, ma anche di umanità.
Un arresto, quello maturato nelle ultime ore, che ha generato diverse reazioni tra le coetanee della giovane protagonista letteralmente stalkerizzata dal giovane ex.
Quelle ormai pienamente assorbite da questo modo di vivere, pensare e concepire il rapporto di coppia, si scagliano contro la loro coetanea, rea di aver commesso “una grave infamità” denunciando un giovane che agiva “solo per amore”.
Di contro, le giovani imprigionate nella stessa trappola letale, consapevoli e stanche di vivere in quel modo così alienante, che a loro volta stanno cercando una “via di fuga”, vorrebbero trarre da questa vicenda il coraggio necessario per percorrere la strada che porta al commissariato.
Tiziana ha 19 anni e vive a Ponticelli, come i protagonisti della vicenda balzata agli onori della cronaca in queste ore, riferisce di conoscere la ragazza vittima dell’amore ossessivo del 16enne e molte altre che vivono nella sua stessa condizione.
Racconta di una giovane, diventata moglie e madre all’età di 20 anni e che dopo aver scoperto il tradimento del marito, aveva provato a rifarsi una vita, ma in certi contesti, il divorzio è concepito solo come escamotage per raggirare il fisco e la legge per ottenere agevolazioni economiche e non solo. La giovane fu costretta finanche dai suoi genitori a ricongiungersi con il marito per non macchiare la rispettabilità della famiglia e soprattutto per alleggerirla dall’onere economico che avrebbe comportato prendersi in carico anche la prole.
La stessa Tiziana racconta che all’età di 14 anni è stata a sua volta irretita da uno di quelli che oggi vengono definiti “baby-boss”. Un ragazzo di 16 anni che di soldi in tasca ne aveva un bel po’ e disponeva perfino di un’auto, tutta sua. “Ero troppo giovane per capire in che guaio mi ero messa. – racconta Tiziana, ripercorrendo le tappe di quel passato che ancora la fa soffrire – Quando inizi ad avere voglia di uscire anche di sera, il primo ragazzo che ti passa davanti con un motorino ti sembra Gabriel Garko. Figuriamoci lui che aveva perfino già la macchina. Mi ha fatto fare la bella vita, non lo posso negare. Poi, però, ha smesso di essere galante ed è diventato sempre più geloso e violento.
Non potevo andare nemmeno a scuola. Passavo la mia giornata a casa, in attesa che mi telefonasse per sapere quando dovevamo uscire. Se non mi trovava a casa erano guai. Se per caso rispondeva mia madre e diceva che stavo in bagno a fare la doccia, succedeva un casino. Pensava che era una scusa e che in realtà ero uscita di nascosto. Una volta mi minacciò pure con la pistola. Non vivevo bene, assolutamente. Pure perché dentro di me sapevo di non fare niente di male. Penso che se esci per andare a comprare una maglietta con un’amica, non fai niente di male. Invece, secondo lui, ero una poco di buono pure se mi affacciavo al balcone. Non avrei mai avuto il coraggio di denunciarlo, come ha fatto lei. Pure perché in questi posti regna una grande ignoranza. Si pensa che queste cose non sono gravi e non si possono denunciare, perché non sono un reato. Io non lo avrei nemmeno pensato, ad esempio. Non mi sono mai permessa nemmeno di dire che questo modo di vivere l’amore non è normale, perché sapevo che sarebbe bastato per “mettermi nei guai”. È brutto da dire, ma mi ha salvato lo camorra. Dopo due anni di fidanzamento, lo hanno ucciso in un agguato e anche se è brutto da dire, per quanto mi è dispiaciuto per la sua morte, ho sentito come se le sbarre che imprigionavano la mia vita erano state disintegrate da quei colpi di pistola. Mi sono iscritta alla scuola serale, ho trovato un lavoro, ho preso la patente: tutte cose che non avrei mai potuto fare durante la vita di prima.”