Il 7 giugno del 2016, poco dopo le 16.30, si consumò un feroce agguato di camorra all’interno di un circolo ricreativo in via Cleopatra, nel Lotto O di Ponticelli.
I sicari, a piedi e con il volto scoperto, irrompono nel locale simulando una rapina e colgono di sorpresa il boss Raffaele Cepparulo, mentre era seduto a un tavolino, intento a giocare a carte con altre 3 persone.
Raffaele Cepparulo, 25enne boss dei Barbudos, nella roccaforte dei De Luca Bossa trovò rifugio e protezione, in seguito alla “strage delle Fontanelle”, avvenuta ad aprile dello stesso anno e nell’ambito della quale Cepparulo fece da apripista ai killer che entrarono in azione in un circolo intitolato alla Madonna dell’arco nel Rione Sanità, uccidendo Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna, elementi di spicco del clan Vastarella, antagonista del clan fondato da Genidoni ed ereditato da Cepparulo, in seguito all’arresto di quest’ultimo e all’uccisione di Pietro e Ciro Esposito.
Nell’agguato ideato per uccidere Cepparulo, perde la vita anche il 19enne Ciro Colonna che, come molti altri ragazzi, quel pomeriggio si trovava in quel circoletto per ingannare la noia che troneggia nelle terre di camorra, isolate dai centri abitati e prive di qualsiasi attività d’intrattenimento.
Per quanto quest’azione criminale possa apparire una sorta di “regolamento di conti esterno” alle dinamiche camorristiche del quartiere, non è del tutto scontato che sia effettivamente così.
Con l’avvento dei Barbudos nel Lotto O, il clan De Luca Bossa – che annovera il suo quartier generale proprio nel rione situato di fronte all’ospedale del mare – stava risalendo la china. Dopo una violenta guerra con i De Micco, combattuta a suon di agguati, il clan fondato da Tonino ‘o sicco, aveva subito una brusca ridimensionata. L’alleanza con il gruppo di fuoco del Rione Sanità, non era passata inosservata ai De Micco che, in seguito all’omicidio di Annunziata D’Amico, avvenuto nell’ottobre del 2015, avevano inferto una brusca sterzata alle mire espansionistiche del clan del Rione Conocal.
“Ultimo”, questo il soprannome di Cepparulo, in quanto sosteneva di essere “l’ultimo prescelto”, ispirandosi ai guerriglieri islamici, non solo nell’estetica, esibendo una barba folta, ma anche nelle ideologie, a Ponticelli non viveva da recluso. Anzi. Numerosi i clienti abituali di paninoteche e pizzerie ed anche i commercianti e gli imprenditori del quartiere che riferiscono di aver visto in giro per il quartiere “quel ragazzo con i tatuaggi e la barba lunga”, in compagnia di altri ragazzi. Tutti giovanissimi.
Tant‘è vero che dopo il blitz della polizia che sgominò la piazza di spaccio “modello vele di Scampia” impostata nel plesso P4 del Lotto O, il bunker dei De Luca Bossa, nell’estate del 2016, i giovani del posto, avevano rimesso in piedi il business della droga, pensando che la modalità “servizio a domicilio” con i “pusher addetti alle consegne” potesse dare meno nell’occhio. I nuovi interpreti del sodalizio Barbudos-De Luca Bossa non volevano sottostare alle imposizioni dei “Bodo”, questo il soprannome dei gregari del clan De Micco, proprio come fece la donna-boss Annunziata D’Amico che proprio per questo fu giustiziata.
E, per questo motivo, gli inquirenti non escludono che, quel pomeriggio, i sicari fecero irruzione nel circolo ricreativo per uccidere Cepparulo, ma anche Umberto De Luca Bossa, per sancire in un sol colpo la definitiva uscita di scena del clan del Lotto O.
Umberto venne inseguito dai sicari e trovò fortunosamente riparo in un palazzo. Nei giorni successivi, un commando di giovani armati, fece nuovamente irruzione nel Lotto O, almeno in un altro paio di circostanze, per stanare il giovane rampollo dei De Luca Bossa, senza, però, riuscire a portare a termine quel piano di morte.
La reazione d’indignazione del Lotto O, di Ponticelli e dell’intero hinterland napoletano, al cospetto della brutale uccisione di un innocente, fu forte: una nutrita folla partecipò ai funerali di Ciro Colonna e alla fiaccolata, organizzata per dire “Basta alla camorra”, secondo alcuni, semplicemente per ricordare Ciro, secondo chi, invece, non voleva esporsi o compromettersi agli occhi dei De Luca Bossa.
Un’estate rovente, quella targata 2016, all’ombra del Vesuvio, introdotta da un agguato costato la vita ad un boss e ad un innocente, segnata dalla scarcerazione di diverse figure di spicco del sodalizio criminale radicato nel Lotto O, tra cui Salvatore Solla: Tore ‘o sadico, questo il soprannome del boss che ucciso pochi giorni prima di Natale, mentre era in auto con il suo guardaspalle – gambizzato dai sicari – proprio nel rione bunker del clan De Luca Bossa di cui era un solido perno portante.
Solla viene raggiunto da diversi colpi rivolti al petto: hanno colpito il cuore del clan.
Questa, con tutta probabilità, la firma che i De Micco scandiscono su quell’agguato, per punire il diniego di pedaggio del pizzo, sulle piazze di spaccio e non solo.
Pochi giorni dopo, l’asilo nido situato nel rione, diventa oggetto di diversi raid notturni.
Una postazione adocchiata dai Bodo per sorvegliare il rione?
Un segnale inviato da questi ultimi per lasciar presagire l’imminente occupazione delle case e la conseguente “cacciata” dei De Luca Bossa dal rione?
Un raid estraneo alle dinamiche criminali, opera di ladruncoli a caccia di rame e ferro ed altri orpelli da arrabattare?
Nessun elemento è fin qui emerso per far luce sulla vicenda che ha ritardato la riapertura dell’asilo nido e ha costretto i genitori ad organizzarsi in ronde per preservare integra la struttura e scongiurare il pericolo di altre incursioni violente.
Dopo la morte di Solla, cala un sipario cupo e denso di terrore sul Lotto O.
In quei giorni, il rione è in balia della paura e del silenzio. Soprattutto nell’appartamento dei De Luca Bossa si registrano i momenti più concitati: l’attenzione di tutti è concentrata sulle sorti di Umberto. Il giovane rampollo dei De Luca Bossa sa di essere finito nel mirino dei De Micco e limita al minimo indispensabile le sue uscite. Al cimitero, per porgere l’estremo saluto al feretro di Solla, Umberto giunge in auto, scortato da ben 4 uomini. Il giovane non esce mai da solo. Sente il fiato sul collo dei Bodo.
Pochi giorni dopo la morte di Solla, la polizia irrompe in casa De Luca Bossa per una perquisizione: gli ispettori della polizia investigativa sanno che in quell’appartamento è nascosta un’arma e la cercano ovunque, senza, però, riuscire a trovarla. Un blitz voluto per salvare la vita del giovane che nel carcere, paradossalmente, può intravedere l’unica possibilità di evadere da quel destino che sembra segnato dalla condanna a morte che pende sul suo capo.
Di lì a poco, in effetti, Umberto De Luca Bossa viene arrestato dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata, al culmine di un rocambolesco inseguimento, mentre era a bordo di una Smart, in compagnia di un altro giovane alla guida della vettura. Umberto nascondeva sotto il sedile una pistola, proprio quell’arma non rinvenuta nel blitz della polizia.
Umberto viene tratto in arresto e, molto probabilmente, quelle manette gli salvano la vita.
A portare avanti gli affari del clan sono i superstiti dei Barbudos in sincronia con le donne di casa De Luca Bossa.
La continua presenza di persone contigue al suddetto sodalizio criminale nella zona dell’hinterland vesuviano, soprattutto tra Torre Annunziata e Torre del Greco, suggerisce che il clan, consapevole di non poter dire la sua a Ponticelli, ha deciso di approdare altrove, imbastendo un’alleanza proprio con i clan dell’entroterra vesuviano.
Questo il motivo per il quale nel Lotto O, così come nell’intero quartiere Ponticelli, regna un’ipocrita calma apparente: i De Micco hanno avuto la meglio e detengono, incontrastati, il controllo delle attività illecite a Ponticelli e di Ponticelli.
Gli altri clan del quartiere, ridotti all’osso da omicidi e arresti, hanno adocchiato altre zone nelle quali sviluppare traffici ed interessi.