Le notizie che hanno scosso e sconcertato l’Italia intera.
Ne giorni scorsi, aveva destato non poco scalpore quanto accaduto a San Luca, piccolo comune di 4.000 abitanti alle pendici dell’Aspromonte, commissariato per mafia e dove l’11 giugno non si voterà perché nessuno si è candidato, dove un vicino di casa – forse un parente – ha omaggiato con un baciamano il superlatitante Giuseppe Giorgi, mentre i carabinieri lo portano via da casa dopo averlo catturato dopo 23 anni di ricerche.
Durante la giornata di lunedì 5 giugno, invece, a balzare agli onori della cronaca è il nome di Totò Riina. Per la prima volta la Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato di Riina, relativo al differimento della pena o, eventualmente, alla detenzione domiciliare.
La richiesta era già stata presentata, ma senza successo, lo scorso anno al tribunale di sorveglianza di Bologna. All’epoca, rileva oggi la Cassazione, nel motivare il diniego era stato omesso di considerare “il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico”.
Il tribunale di Bologna non aveva valutato l’incompatibilità della detenzione in carcere con l’infermità fisica di Riina.
La Cassazione con tale decisione sottolinea che i giudici avrebbero dovuto verificare e motivare” se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un’afflizione di tale intensità” da andare oltre la “legittima esecuzione di una pena”.
Secondo la cassazione, quindi, ogni detenuto, anche se si tratta di Totò Riina, ha diritto a morire dignitosamente. Inoltre lo spessore criminale del soggetto in questione, visto l’età avanzata e lo stato di salute non può più essere considerato pericoloso.
Il capo di Cosa Nostra è ormai un 86enne, affetto da svariate e gravi patologie. Con tali motivazioni la Cassazione ha aperto il differimento della pena per il capo di Cosa Nostra. Sulla base di tali indicazioni il tribunale di sorveglianza dovrà rivalutare le richieste dell’avvocato di Riina, finora respinte.
Il tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà dunque ora decidere sulla richiesta del difensore del boss che propone il differimento della pena o la detenzione domiciliare, richiesta sempre respinta.
Il collegio ritiene che non emerga dalla decisione del giudice in che modo si è giunti a ritenere compatibile con il senso di umanità della pena “il mantenimento in carcere di un ultraottantenne con duplice neoplasia renale, e stato neurologico altamente compromesso”.