“Era de maggio” è una delle più note e romantiche canzoni del repertorio classico napoletano.
Un brano che affonda le sue radici nei versi di una poesia d’amore scritta da Salvatore di Giacomo e messa in musica da Mario Costa. Fu presentata nel 1885 al famoso festival di Piedigrotta e da allora non è mai stata accantonata, diventando nel corso degli anni, uno dei tanti tesori della cultura e della musica partenopea. Tanti gli artisti che nel corso degli anni si sono cimentati nell’interpretazione di questa poesia: dal tenore Tito Schipa a Battiato e Mina, senza dimenticare Roberto Murolo.
Salvatore di Giacomo è stato un grande poeta napoletano e autore di tante intramontabili poesie che sono state poi, messe in musica, ed è sicuramente stato uno degli artefici dell’epoca d’oro della canzone partenopea. Le sue poesie musicate sono in un napoletano verace che rappresenta a pieno la cultura e società ottocentesca. Il testo della canzone “era de maggio” è diviso in due parti. Nella prima parte si descrive il sofferto addio di due amanti innamorati, che avviene nel mese di maggio, che si promettono di rincontrarsi negli stessi luoghi in cui hanno vissuto il loro magico amore, sempre a maggio, per riconformare l’affetto che li lega. Nella seconda parte è minuziosamente descritto il nuovo incontro tra i due amanti che riaccende l’amore mai sopito. Questa canzone fa sognare i romantici e sperare coloro che vedono l’amore come una chimera.
I protagonisti sono due ventenni che si ritrovano in un giardino colmo di ciliegie, e sofferenti, si preparano al loro addio perché il giovanotto deve allontanarsi, probabilmente per il servizio militare. Impossibile non immaginare la ragazza con gli occhi colmi di lacrime che non vuol lasciarlo andar via sussurrandogli dolcemente su una spalla “quanno turnarraje?” L’innamorato mantiene la sua parola e a distanza di tempo ritorna in quel giardino che fece da sfondo alla sua ultima promessa ma ad aspettarlo una triste sorpresa.
La donzella non corrisponde più un sentimento che pareva esser così grande, forse per il troppo tempo trascorso o per le mutate situazioni.