“Cantavi
“Non voglio chiudere gli occhi
Non voglio addormentarmi…
E non voglio perdermi niente…”
Qualcuno ha tentato di soffocare la tua voce, ma tu, Paolino, continui a cantare…”
Questa la frase incisa sulla lapide che giace accanto all’albero contro il quale franò la vita di Paolino Avella, il 5 aprile del 2003, in via Giacomo Matteotti, a San Sebastiano al Vesuvio.
Era un sabato qualunque, Paolino usciva dal liceo scientifico di San Sebastiano al Vesuvio. Sorrideva, Paolino, mentre andava incontro alla spensieratezza delle ore che precedono la domenica, in sella al suo scooter, in compagnia del suo amico Andrea.
Tra lui e la sua gioia di vivere, s’interposero due balordi che tentarono di rubargli il motorino. Paolino fuggì, per impedire a quei balordi di avere la meglio. I due lo inseguirono e speronarono il suo scooter, fino a provocare lo schianto contro quell’albero, generatore di morte, ma che, oggi, continua a raccontare la voglia di cantare delle bellezze della vita della voce Paolino.
Un albero che, da quel giorno, non ha mai smesso di accogliere almeno un mazzo di fiori e che continua a raccontare la gioia di vivere di Paolino, un ragazzo semplice e sempre sorridente, dotato della rara capacità di mettere a proprio agio tutte le persone che lo hanno incontrato lungo il suo breve passaggio terreno.
Paolino aveva “una faccia sola”: una virtù rara, assai rara da riscontrare al mondo. Era cortese e gioviale con tutti: alunni e professori, clochard e imprenditori, giovani ed anziani. Non conosceva ipocrisie né discriminazioni, Paolino.
La sua morte, tanto ingiusta quanto feroce, fu un fulmine a ciel sereno per l’intera comunità vesuviana.
I ragazzi del liceo e l’intera cittadinanza scesero in strada per ribellarsi alla barbarie che aveva scippato la vita a Paolino: una fiaccolata, la chiesa gremita il giorno dei funerali, quell’albero letteralmente inondato da lettere, pupazzi, fiori, fotografie.
Paolino era e continua ad essere quel canto che inneggia alla gioia di vivere che risuonava grazie al suo sorriso e che, a dispetto della morte, continua a splendere, oggi, nei cuori e nei ricordi di chi lo ha conosciuto, prima e dopo la sua morte.
Pochi giorni dopo, avrebbe compiuto 18 anni, Paolino. E, invece, è e seguiterà ad essere quell’eterno canto che racconterà la gioia di vivere, a tutti coloro che incroceranno il suo sorriso, la sua lapide, la sua storia, il “suo” albero.
Tante le generazioni che si sono alternate, tra i banchi del liceo e lungo le strade dell’entroterra vesuviano. Ed è questo il compito di chi resta: fare in modo che quei ragazzi sappiano chi era Paolino e conoscano la sua storia.