Ieri, 31 marzo, è andata in onda su Raitre la prima puntata della seconda serie di “Gomorra”, l’acclamata fiction nata di un’idea di Roberto Saviano.
La serie diventa accessibile anche agli spettatori che disdegnano il vincolo della pay-tv e, al contempo, tornano in grande spolvero le “frasi tormentone” estrapolate dalla fiction.
Buona parte degli abitanti dei luoghi in cui attualmente sono in corso le riprese della terza serie, quindi, poche ore fa, hanno visto per la prima volta cos’è successo dopo che Ciro “l’immortale” ha sparato a Genny Savastano: questa la scena conclusiva della prima serie.
Queste le impressioni di chi vive a stretto contatto con la camorra, in merito alla prima puntata di “Gomorra 2 – La Serie”:
“Quando Ciro l’immortale uccide sua moglie è una scena molto brutta. Mi ha ricordato quello che successe quando io avevo 11 anni e mia sorella si mise con uno che non era buono. – un malavitoso – Lui aveva il vizio di picchiarla e siccome avevano una bambina di pochi mesi, mia sorella aveva paura. Un giorno se ne andò di casa e mia sorella venne a stare da noi. Lui si presentò sotto al portone e minacciava sia a lei che alla bambina. Mio padre e i miei tre fratelli scesero da sopra e lo riempiono di mazzate. – lo pestarono brutalmente – Dopo qualche ora venne con amici suoi – altri gregari del clan – e si riportò a mia sorella a casa con la forza. Entrarono a casa nostra con la violenza e scassarono tutto, mise la pistola in bocca a mio padre e gli disse che se si metteva un’altra volta in mezzo gli faceva scoppiare la testa. E non abbiamo visto più né a mia sorella né alla bambina, non sappiamo nemmeno se sono vive ancora.
È stato brutto vedere quella scena, perché mi ha fatto ricordare di lei… Le voglio bene ancora, pure se ha fatto una scelta sbagliata… penso che è normale. È sempre mia sorella.”
Michele, 17 anni.
“Ha sbagliato la moglie dell’Immortale che è andata dalle guardie, – ha denunciato il marito alle forze dell’ordine – quelle sono questioni che non si risolvono così. Un clan si può fare la guerra con un altro clan, ma il nemico comune è sempre “lo Stato”. La polizia nelle questioni della malavita non ci dovrebbe mai entrare. Dovrebbero pensare ad arrestare i politici che rubano, i camorristi i conti se li regolano tra di loro.
Lo sapeva che rischiava: quando ti sposi con un uomo gli giuri fedeltà eterna e quella moglie quando lo ha cantato, – lo ha denunciato alle forze dell’ordine – lo ha tradito. Chi tradisce paga. Queste sono le regole e lo sanno tutti.”
Gennaro, 15 anni
“I figli dei boss non se lo possono scegliere il destino, lo tengono già segnato: la storia di Genny Savastano significa questo.
Tutti i figli che fanno il lavoro del padre devono dimostrare di essere all’altezza e vivono sempre sotto pressione ed è così anche per i camorristi.
Anzi, per i camorristi è peggio.
È brutto quando dicono: “quando ci stava tua padre, si stava meglio”, perché ti stanno dicendo che non sei buono – non sei un bravo camorrista – e allo stesso tempo che appartieni a una famiglia rispettabile. Se ti incazzi è peggio, dentro però accumuli una rabbia che diventa pericolosa, soprattutto se cammini con il ferro – la pistola – in tasca. Una lite banale, un povero cristiano che ti risponde male: prendi la pistola e gli spari. Solo per sfogare la frustrazione che hai accumulato.
Nessuno se lo chiede se il figlio di un boss desidera fare il boss. Il figlio di un boss può desiderare di non fare il boss? La società, a volte, senza rendersi conto, condanna, giudica e condiziona le scelte.”
Emanuele, 19 anni