Silenzio.
Nel Rione Conocal di Ponticelli, nelle ore successive alla partecipatissima manifestazione tenutasi lo scorso 21 marzo, data in cui si celebra la giornata della memoria e dell’impegno e si commemorano le vittime innocenti delle mafie, regna il silenzio.
Sonnacchioso, amorfo, immobile, stroncato da sporadici impulsi di “nervosismo”.
Uno scooter che sfreccia, un urlo di rimprovero strigliato da una delle tante case contenute negli imponenti palazzoni grigi, il pianto di un bambino.
Nient’altro.
Scene di insolita routine o di sospettoso timore?
Di persone in giro per le fiabesche strade che si accavallano tra un isolato e l’altro, ce ne sono poche. Strano, anomalo, atipico, per un rione popolare, assai popolato, come il Conocal.
Com’è andata la manifestazione di martedì?
Qualcuno risponde con una smorfia difficile da interpretare, altri sbuffano spazientiti.
Altri ancora esternano senza indugi i loro pensieri: “per chi ha partecipato e poi è tornato a casa sua, è andata benissimo. Per chi è rimasto nel Conocal, non è cambiato niente.”
Buona parte dei ragazzi del rione, spiegano che, seppure siano estranei alle dinamiche camorristiche, hanno scelto di non partecipare alla marcia: “è come chi crede in Dio e va in chiesa la domenica e chi crede in Dio, ma non va in chiesa, perché non crede nella chiesa. Questo vuol dire la legalità? Migliaia di persone che vengono qua dentro a marciare e poi se ne tornano a casa. E che esempio ci hanno lasciato? Tutti gli altri giorni, dentro a questo rione, dove sta la legalità? Chi è la legalità? Se io sono contro la camorra perché devo marciare per dimostrarlo? Non vado a rubare, non vendo la droga. Sto a posto con la mia coscienza. Tutti quelli che sono venuti qua dentro, forse anche perché era l’occasione buona per vedere questo “famoso” Conocal, senza rischiare di morire uccisi, son tutte persone oneste? Io dico che è meglio non marciare un giorno e tenere la testa a posto tutti i giorni che venire qua solo per far vedere che hai marciato contro la camorra e poi tutti gli altri giorni non ti comporti bene. Legalità vuol dire rispettare la legge per me e non lo dimostri sventolando una bandiera, non ci raccontiamo stupidaggini…”
“Quelli che sono venuti possono permettersi i gesti eclatanti, perché non tengono niente da vedere con i camorristi di qua – non conoscono i personaggi che orbitano negli scenari camorristici del rione – e quindi possono salire sul palco, dire quello che vogliono, scrivere quei bei cartelloni e sventolare le bandiere. Per noi è un po’ diverso. Quelli – i camorristi – se ci vedono sfilare, se lo appuntano – fanno pagare lo sgarro ricevuto – e alla prima occasione buona se lo ricordano. Queste erano le regole qua prima della manifestazione e queste sono le regole, anche dopo. Non è cambiato niente per noi. Non è paura, attenzione, è proprio il desiderio di tenersi lontano dai guai. Perché è chiaro che questa cosa – la manifestazione – ha dato fastidio ai camorristi, succede sempre così e dopo la rabbia la sfogano sempre sui più deboli. Quando il corteo torna a casa e i ragazzi del rione, rimangono nel rione, appunto.”
“Non era meglio che veniva un gruppo di 10, 20 persone ogni giorno e ognuno ci portava qualcosa da fare – chiede un altro ragazzo – invece che tutti quanti insieme a fare i fatti loro? Se l’obiettivo era quello di riprendere il rione – riscattare le sorti – era più logico così… è come quando ricoverano in ospedale la nonna e la vanno a trovare tutti quanti la domenica e se in settimana sta male e ha bisogno di qualcosa, vicino non tiene a nessuno..”
Qualcun altro, invece, guarda dritto al cuore del problema: “Dove stava quest’esercito di gente, le associazioni e le istituzioni, quando tutta Napoli lo sapeva che qua dentro ci stavano 14 piazze di droga? Se stavamo ancora come un anno fa che eravamo messi peggio di Scampia quando si spacciava nelle Vele, la venivano a fare la manifestazione nel Conocal? E secondo voi, loro – il clan D’Amico – perdeva una giornata di lavoro per fargli fare la marcia? E allora perché non sono andati dove si spaccia ora o dove stanno i pezzi pesanti? – i vertici del clan De Micco, attualmente egemone – perché noi dobbiamo sempre portare la nominata – la fama – del rione della camorra, anche se ora non è più il Conocal di quando comandavano i Frauella e le paranze di ragazzi facevano le stese!? Ma mentre camminavano, hanno alzato la testa per vedere come stiamo combinati? Penso di no, altrimenti la mattina dopo, dovevano tornare a venire per riprendere la situazione anche con i fatti. Se non è successo, allora vuol dire che è stata una bella recita, niente di più… hanno scelto un simbolo per fare scena, ma dei problemi reali che ci sono oggi in questo rione, nessuno se ne importa. Oggi, il problema non è la camorra, ma il degrado. Non abbiamo niente, viviamo nello squallore.”
È vero che un gruppetto di ragazzini ha cercato di infastidire i partecipanti al corteo, passeggiando tra loro in compagnia di pitbull al guinzaglio?
Imbarazzo e silenzio, nessuno ha visto, nessuno ha avuto modo di rilevare sul campo la replica concreta degli sterili interpreti della malavita che ancora cercano di imporsi nel rione.
Qual è la camorra che si respira, oggi, nel rione Conocal?
“Non dobbiamo avere paura di chi è rimasto – non è stato arrestato o sta scontando i domiciliari – nel rione, ma di quello che sta succedendo in carcere. I fraulella che contavano veramente – i boss e gli elementi di spessore del clan D’Amico – ormai stanno tutti in carcere. E se gli avvocati riescono, come si dice nel rione, a fargli ottenere le riduzioni di pena e veramente ritornano nel Conocal, allora dobbiamo veramente preoccuparci.”