Conocal: un nome che deriva dal probabile accorpamento di sigle che, messe di fila, non generano un termine di senso compiuto, ma una parola che tra le mura della periferia orientale di Napoli e, ancor più, nel quartiere Ponticelli, è sinonimo di “camorra”.
Un rione sorto nell’era del post-terremoto, nell’epoca dell’espansione edilizia legata ai piani di attuazione della legge 219/81, ideato per accogliere gli sfollati del centro storico partenopeo.
Imponenti palazzi edificati in realtà isolate e periferiche, nei quali furono fatti confluire “i superstiti” di frange d’umanità incolte e violente e questo ha reso possibile che accadesse proprio ciò che è accaduto: che quello, come molti altri, divenisse un ghetto.
Caterve di persone, prima ammassate e poi “contenute”, abbandonate a sé stesse e all’inerzia, all’impossibilità dell’isolamento e del degrado, senza servizi né infrastrutture né alternative concrete alla delinquenza.
Un rione incastonato tra Volla e Cercola, a due passi da via Argine e a quattro da Napoli. Eppure, fisicamente ed idealmente lontano dalle logiche che regnano altrove.
Nel Conocal, per moltissimi anni, la massima carica istituzionale si chiamava Antonio D’Amico, alias Tonino fraulella, boss dell’omonimo clan insorto in seguito alla scissione e al declino del clan Sarno, con la velleità di conquistare l’intero quartiere e detenere il monopolio del controllo delle attività illecite.
“Fraulella”: un soprannome tatuato sulla pelle dei gregari quale segno di affiliazione e fedeltà eterna ed incondizionata, unitamente alla fragola, emoticon che viene utilizzata e riproposta anche sui social dai giovani followers della “camorra 2.0” per la stessa ragione. Un soprannome che indica un boss come tanti, feroce, spietato, cinico, e che per diversi anni, agli occhi di chi viveva nel Conocal, veniva visto, vissuto e percepito come un pericoloso intreccio tra un temibile despota e un benevolo re a capo di quella inquietante roccaforte.
Per anni, il clan D’Amico ha gestito e controllato le sorti del rione: dalla gestione delle piazze di spaccio alla designazione delle imprese di pulizie e soprattutto l’assegnazione degli alloggi popolari. Nelle terre di camorra tutto può succedere, anche che un legittimo assegnatario e un avente diritto vengano messi alla porta per cedere la propria abitazione a un inquilino più gradito al clan. L’affiliazione e l’omertà si costruiscono anche e soprattutto attraverso questi tutt’altro che irrilevanti dettagli.
Al pari dello Stato e delle istituzioni, messe alla porta per cedere il posto all’”impero del male”.
Le istituzioni, dal loro canto, si ricordano del Conocal e degli altri rioni forgiati a immagine e somiglianza di quel colosso di cemento, amianto e degrado, solo in regime di campagna elettorale, quando non mancano di concedersi una doverosa passerella per dispensare le solite promesse e accaparrarsi un po’ di “volti facili”.
I nemici: i gregari dei clan rivali, le sirene e le divise della polizia, i blitz, il carcere.
Il Conocal altro non è che un meticoloso e continuo alternarsi di palazzoni che affacciano su cortili interni, terribilmente trafficati, in alcuni frangenti, spaventosamente isolati, in altri. Intercapedini strozzate da costruzioni abusive, volute per ricavare “quello che manca” nel rione: negozi, appartamenti di fortuna, circoli ricreativi. Cancellate arrugginite, sterpaglie, cemento, amianto e muri grigi, volti cupi, perfino il sole fatica a rivendicare la sua radiosa energia per farsi spazio tra i relitti di quelle carcasse.
Mura camaleontiche che hanno imparato ad assorbire gli stati d’animo e ad adattarsi alle esigenze dettate dal contesto: silenzio, omertà, graffiti primitivi, murales colorati, di ottima fattura.
Il Conocal è il rione che ha accolto alcuni degli agguati di camorra più efferati della storia della periferia orientale di Napoli, molti a danno di giovanissime vite.
Il Conocal è il rione diventato “celebre” in seguito alla divulgazione del video che ritrae “la stesa” in pieno giorno, tra i bambini e le donne che scappano via, tenendo strette tra le mani le busta della spesa, messa a segno da giovanissimi, poco più che adolescenti.
Il Conocal è il rione in cui è ambientata la storia di Mariano Abbagnara, il giovane detenuto nel carcere di Airola, protagonista del documentario di Michele Santoro, “Robinù”, diventato celebre per il racconto-choc in cui spiega il suo amore morboso per il kalashnikov.
Il Conocal è anche il rione delle “Lady-camorra”: Annunziata e Carla D’Amico, Anna Scarallo e le altre donne-boss che dopo l’arresto dei fratelli “Frulella”, Antonio e Giuseppe, hanno ereditato il controllo dell’organizzazione criminale.
14 piazze di spaccio a cielo aperto, insediate lungo le strade “fiabesche”, come via del Flauto Magico e Via Al Chiaro Di Luna, paradossalmente intrecciate ai giochi dei bambini, giovanissimi innamorati della malavita, pronti a tutto pur di impugnare un’arma e servire la camorra, donne che educano ed istruiscono figli e giovani adepti nel segno delle regole dell’Anti-Stato: per anni, il rione Conocal di Ponticelli è stato principalmente questo.
L’omicidio della “passillona”, Annunziata D’Amico, maturato nell’ottobre del 2015 proprio nel cortile che giace a ridosso del bunker della famiglia “fraulella” nel rione, ha destato particolare scalpore e non solo nei contesti camorristici, per la ferocia esternata dai killer. Giustiziata come un boss, lei che, un boss, lo era davvero, nella testa, nelle azioni, nella mimica, nelle intenzioni.
Per sgominare il clan D’Amico sono state necessarie due violente irruzioni di legalità da parte dello Stato: la prima, nel marzo del 2015, ha portato all’arresto di 52 persone, la seconda, nel giugno del 2016, ha fatto scattare le manette per 94 persone.
Il 21 marzo 2017, in occasione della XXII giornata della memoria e dell’impegno per le vittime innocenti delle mafie, saranno diverse le iniziative e le manifestazioni promosse in tutta Italia. Libera Campania promuoverà un corteo regionale nel Parco Conocal di Ponticelli.