Napoli, 12 marzo 1981 – Terrificante sparatoria: due morti e due feriti gravi sono il bilancio di un agguato compiuto da un commando di killer.
Le vittime sono Mariano Mellone, 33 anni e Francesca Moccia, 48 anni.
In fin di vita Ciro Mazzarella, 41 anni, soprannominato «O’ Scellone», nipote di Michele Zaza, il re del contrabbando napoletano: ha lesioni al capo, al petto, all’addome e i medici hanno poche speranze di salvarlo. Meno grave lo stato di Gennaro Palumbo, 32 anni, gestore di un’autofficina, colpito alla spalla destra e al petto da una raffica di colpi.
Alle 14.15, in via Padre San Rocco, una strada nelle immediate adiacenze della stazione ferroviaria centrale di piazza Garibaldi sono giunti a bordo di un’auto quattro-cinque uomini armati di mitra e pistole, a volto scoperto.
Mariano è un operaio e lavora in una fabbrica di calzature di S.Giorgio a Cremano. Il 12 marzo del 1981, riesce ad ottenere un permesso di lavoro e, dopo aver accompagnato la moglie, si reca nell’autofficina dell’amico per riparare l’auto. Mariano e l’amico si affacciano per vedere cosa sta accadendo. Fuori è il caos. I due spaventati dal fuoco esploso in strada rientrano nell’officina per trovare riparo. Con loro anche Ciro Mazzarella che cerca di scappare dagli emissari inviati dal boss Raffaele Cutolo. È lui l’obiettivo del raid.
È proprio Ciro Mazzarella il personaggio di spicco rinvenuto sulla scena del crimine: molto noto negli ambienti della malavita, più volte colpito da ordini di cattura, era ricercato dalle questure di mezza Italia per contrabbando e spaccio di droga.
Gennaro Palumbo, l’amico di Mariano, riesce a trovare riparo sotto ad una macchina e riporterà solo alcune ferite, Mariano invece non riesce a trovare rifugio migliore e resta nascosto tra un muro e una vettura. Mariano è di spalle e accovacciato e spera di non essere raggiunto dai killer, ma questi accortasi dell’uomo nascosto e pensando fosse il boss designato, senza esitare gli sparano alla nuca, lasciandolo in un mare di sangue.
Il boss invece riesce a salvarsi e ferito viene ricoverato all’ospedale Cardarelli. A distanza di un mese scapperà dall’ospedale per raggiungere il Brasile, dove morirà per infarto.
Nella stessa sparatoria è coinvolta anche Francesca Moccia, fruttivendola del quartiere che è lì a svolgere il suo mestiere quotidiano.