Un anno fa, nella notte tra domenica 6 e lunedì 7 marzo, venti minuti dopo la mezzanotte, un uomo è stato raggiunto da due colpi di pistola alla testa, mentre dormiva nel suo letto, in un basso nel Rione De Gasperi di Ponticelli.
Si tratta di Giovanni Sarno, 54 anni, fratello di Carmine Sarno, collaboratore di giustizia, e di Ciro, l’ex «sindaco di Ponticelli», per anni boss dell’omonimo clan.
Il corpo è stato trovato da una nipote, intorno alle 4. I parenti sono stati avvertiti da una citofonata da parte di uno sconosciuto, sopraggiunta nel cuore della notte: «Zio Giovanni è morto. Andatevi a prendere il cadavere a casa».
Contro Giovanni Sarno sono stati sparati 4-5 colpi di pistola, probabilmente con un revolver, visto che a terra non sono stati trovati bossoli. Probabilmente, si tratta della stessa arma che il 31 gennaio dello stesso ano uccise Mario Volpicelli e che il giorno seguente – 8 marzo 2016 – ucciderà Manlio Barometro. Due proiettili lo hanno raggiunto alla testa.
L’uomo, invalido, viveva in un «basso» con la porta sempre aperta e in condizioni di indigenza.
Un appartamento ricavato tra i relitti di quella che un tempo fu Ia roccaforte del clan, al cui vertice vi erano i fratelli, divenuti collaboratori di giustizia nel 2009. L’omicidio di Giovanni Sarno s’incastona nei delitti seriali messi a segno contro i parenti dei collaboratori di giustizia del clan che per circa un trentennio ha dominato la scena criminale dell’entroterra vesuviano.
Vendette trasversali volte a punire “gli infami” che hanno scelto di allenrsi con lo Stato e rinnegare “il sistema”. In quest’ottica si incastona anche l’omicidio di Giovanni Sarno che si arricchisce di un’ulteriore suggestione: l’uomo è stato freddato nel cuore di quello che fu il quartier generale, l’impero del clan Sarno. Suo fratello Ciro, fu soprannominato “’o sindaco” proprio perché era lui ad assegnare le case del rione, consolidando, così, tra quelle stesse mura, i sentimenti di omertà ed affiliazione, che, per anni, hanno assicurato protezione e sicurezza al clan.
L’omicidio di Giovanni Sarno ha destato particolare clamore per l’esplicita volontà manifestata dagli artefici della “vendetta contro i pentiti del clan Sarno” di colpire un “punto debole”, un uomo inerme, incapace di difendersi e, in quanto tale, bersaglio più che appetibile per la camorra che ancora una volta, dimostra la sua indole più codarda e spietata, senza tralasciare quel sadico desiderio di “tastare il dolore” che non permette di attendere il sopraggiungere di un nuovo giorno per “gustarsi la scena” del ritrovamento del cadavere, come sottolinea la citofonata, poco dopo l’agguato, ai parenti del defunto, per consegnargli quel “messaggio di morte”.
Il basso in cui viveva Giovanni, in condizioni di estremo degrado e disagio, è stato sottoposto a sequestro. Il sangue, di cui è intriso il materasso del letto in cui l’uomo dormiva quando è stato giustiziato e le chiazze che sporcano il pavimento, sono ancora lì. E nessuno, a distanza di un anno, ha provveduto a ripulire la scena del crimine.
Se a questo si aggiunge lo stato di disagio che ha contraddistinto la vita dell’uomo in quel basso, il risultato finale può essere facilmente prevedibile.
“L’appartamento” di Giovanni giace nel cuore degli isolati del rione De Gasperi che sono stati in parte sfollati, in seguito alla prima fase di assegnazione dei nuovi alloggi da parte del comune di Napoli, con conseguente tumulazione delle abitazioni vuote, al fine di impedirne l’occupazione. Chi vive tra le carcasse e i disagi delle “case murate”, tra le tante cose, continua a lamentare l’irrespirabile fetore che fuoriesce dal basso in cui è stato giustiziato Giovanni.
“La ciliegina” su una torta farcita di degrado e disservizi che ben racconta “l’aria che si respira” nel Rione De Gasperi di Ponticelli.