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26 febbraio: oggi si commemorano cinque vittime innocenti della criminalità

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
26 Febbraio, 2017
in Da Sud a Sud, In evidenza
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26 febbraio: oggi si commemorano cinque vittime innocenti della criminalità
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vittime-della-mafia-liliumjoker Il 26 febbraio è il giorno in cui si commemorano diverse vittime innocenti della criminalità.

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Oltre a Vincenzo Ferrante, l’operaio 29enne ucciso in un agguato in un centro estetico di Arzano per uno scambio di persona, in questa data si commemorano altre vite innocenti uccise dalle mafie.

Pasquale Pagano, 36 anni commerciante, e Paolo Coviello, 63 anni pensionato, vengono uccisi il 26 febbraio 1992 a Casapesenna per uno scambio di persona, nell’ambito di una faida di camorra.

I due uomini viaggiavano a bordo di una Renault Clio grigio chiaro, un’auto dello stesso tipo e dello stesso colore di quella di un affiliato al clan dei casalesi vittima designata, che nei giorni precedenti aveva tentato un agguato ai danni di un affiliato ad un clan avversario che costituisce un gruppo di fuoco per vendicarsi. I cinque killer armati di kalashnikov, fucile calibro e pistole, al segnale lanciato da quest’ultimo alla vista dell’autovettura, uccidono Pagano e Coviello sul colpo crivellando l’auto di proiettili.
Nel 2015 le indagini dei carabinieri, coordinati dal pm Giovanni Conzo, portano all’arresto dei responsabili, decisive le testimonianze dei boss pentiti.
Nel dicembre 2015 il Tribunale di Napoli condanna a 20 di carcere gli esponenti della fazione del clan che aveva architettato l’agguato e all’ergastolo l’esecutore materiale.
Le famiglie delle due vittime si costituiscono parte civile insieme al Comune di Casal di Principe.

Nel 1995, Il titolare di una cantina vinicola, Francesco Brugnano, 59 anni, è stato assassinato a Terrasini, un paese a 30 chilometri da Palermo. Il corpo privo di vita del commerciante è stato trovato all’ interno del bagagliaio della sua automobile, una Golf bianca, che è stata rinvenuta sulla strada statale Palermo-Terrasini, a qualche chilometro di distanza dal paese. Il delitto è stato compiuto in un momento in cui a Terrasini da mesi c’è un clima infocato per le polemiche provocate dalle denunce del sindaco, Manlio Mele, della Rete, che ha segnalato ingerenze mafiose nell’ amministrazione comunale. E la polemica è sfociata nella sfiducia dei consiglieri che hanno chiesto di indire un referendum nel tentativo di far dimettere il sindaco. E proprio nei giorni scorsi, durante la trasmissione “Tempo reale” il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, senza mezzi termini ha affermato che “pezzi dello Stato aiutano la mafia”, denunciando pubblicamente l’ ex comandante della stazione dei carabinieri di Terrasini.

Nel 2000, Un pensionato, Ferdinando Chiarotti, 73 anni, raggiunto da una pallottola vagante destinata a una delle vittime dell’ agguato mafioso: Salvatore Valente, 39 anni, Massimiliano Greco, 24 anni e Otello Ciarratano, anche lui di 24 anni, tutti di Strongoli. I loro cadaveri sono rimasti sull’ asfalto in una pozza di sangue. Avrebbero dovuto morire sabato scorso. Ma allora l’ «Alfetta» blindata su cui viaggiavano li aveva protetti dalle raffiche di Kalashnikov e P38. Ieri i killer non hanno fallito. All’ imboscata, in mezzo a centinaia di persone, è sfuggito soltanto un fratello di Ciarratano, Francesco, di 28 anni, che forse si era accorto della trappola. Firmata dalla ‘ ndrangheta: le vittime, infatti, apparterrebbero tutte alla cosca dei Giglio. Una strage avvenuta a pochi metri da una pattuglia dei carabinieri, in servizio poco distante: i militari, che erano in abiti civili, si sono subito lanciati all’ inseguimento, cercando di fermare l’ auto dei killer, una «145» nera, diretta sulla strada che collega Strongoli a San Nicola dell’ Alto, verso l’ entroterra. Ma il commando ha reagito facendo fuoco: un carabiniere è stato ferito a una gamba, un altro è rimasto colpito dalle schegge di vetro del lunotto, andato in frantumi. La pattuglia si è dovuta fermare, altre auto-civetta hanno tentato di bloccare la fuga del commando. Ma i killer, per aprirsi la fuga, hanno speronato una vettura dei carabinieri che li affiancava, facendola uscire fuori strada, in una scarpata. L’ Alfa dei malviventi, nello scontro, ha subito gravi danni, ma ha proseguito comunque la fuga, inseguita da un’ altra auto dei carabinieri, che però ha avuto un incidente (per fortuna senza gravi conseguenze per i tre militari a bordo). A questo punto i killer, approfittando del vantaggio accumulato, hanno abbandonato la macchina danneggiata (dentro hanno lasciato anche le armi) e fermato un automobilista di passaggio, costringendolo a consegnare loro la vettura. Con quella si sono dileguati, imboccando la strada che porta verso la montagna. All’ interno della «145» sono state trovate le armi usate per l’ agguato e i guanti da chirurgo utilizzati dagli assassini per non lasciare impronte. Secondo le prime testimonianze raccolte sul luogo dell’ agguato, i tre killer, dopo aver parcheggiato l’ auto in una via secondaria, avrebbero seguito a piedi le loro vittime per circa 100 metri, nel corso, prima di aprire il fuoco. Ciarratano, Valente e Greco sono stati raggiunti da una pioggia di proiettili alle spalle. I tre sono morti sul colpo. Ferdinando Chiarotti, il pensionato che prendeva il sole su una panchina del corso, benché ferito è riuscito a raggiungere l’ abitazione del fratello: ma, appena entrato in casa, è morto. L’ agguato di ieri pomeriggio si inquadra nella faida che da qualche anno vede protagonisti i componenti della cosca Giglio. Una lunga catena di morti, una guerra condotta senza tregua, nello stesso clan, per il controllo del territorio. I tre uccisi ieri, però, evidentemente si sentivano al sicuro: nonostante il fallito agguato della settimana scorsa, pensavano, forse, di non correre rischi passeggiando per la strada principale del paese. Invece i killer non hanno esitato a sparare nel mucchio, uccidendo un innocente. Sul luogo dell’ agguato si è recato il procuratore antimafia di Catanzaro Mariano Lombardi. Duro il segretario nazionale del «Libero sindacato di polizia», Luigi Ferone: «Questa strage richiede una presenza dello Stato più incisiva, un rafforzamento delle forze di polizia sul territorio». Un grido d’ allarme purtroppo non nuovo. Quattro anni fa, a Casabona, un paese poco distante da Strongoli, ci fu un’ altra strage. Anche allora i morti furono quattro. E anche allora i killer spararono nel mucchio.

 

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