È deceduto nel pomeriggio dello scorso 17 febbraio il boss Antonio Cennamo detto O’ Malommo. Viveva a Gaeta dopo la scarcerazione decisa dal giudice a causa di un male incurabile.
Per anni, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Cennamo è stato il reggente di zona tra Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore per conto di quello che era una volta il clan Moccia di Afragola. Finì in manette con l’accusa di associazione per delinquere aggravata dall’articolo 7, poi ottenne la scarcerazione a causa dei gravi motivi di salute.
La sua ultima “apparizione in pubblico” risale al giugno del 2006, quando, nel corso della festa dei gigli di Crispano, è salito sul giglio del tigrotto per parlare alla platea. In un silenzio tombale, il boss reggente del clan Cennamo, storicamente contiguo al clan Moccia, ha afferrato il microfono e ha esclamato queste parole: «Sono dispiaciuto e amareggiato per quanto è successo alla nostra festa, ci sono troppe malelingue e qualcuno che ci vuole male», poi l’orchestrina appollaiata sulla pedana superiore del Giglio dei Trigrotti, ha attaccato una assordante polka anni cinquanta, mentre il boss di Crispano aiutato dai quattro fedelissimi, è sceso dall’obelisco.
Antonio Cennamo, ha voluto lasciare il segno a quella che ha definito la «nostra festa», e anche lanciare un messaggio, forse per la mancata autorizzazione per il palco dei Tigrotti, decisa dalla commissione prefettizia, dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche. Il boss era uscito di casa, qualche minuto prima, e attorniato dai suoi si era infilato nella parte inziale del corteo, quella che precede di qualche metro il giglio dei Tigrotti, seguito da quello della paranza di Barra. Doveva esserci Cennamo per rispetto alla paranza dei Tigrotti, che in un manifesto del 7 giugno lo avevano pubblicamente invitato per i trenta anni della paranza, definendolo «capoparanza storico». Doveva esserci anche per ribadire il suo ruolo e il suo potere. Tutti a Crispano, specialmente gli amministratori della giunta del sindaco Carlo Esposito, sciolta per condizionamenti della criminalità, ricordano che nel giugno del 2004, durante i festeggiamenti per la Madonna del Buon Consiglio, i supporter di Antonio Cennamo, omaggiarono il boss con una gigantografia e una dedica, perché era in cella accusato di omicidio, per il quale è stato poi successivamente assolto. Nello stesso pomeriggio, al culmine della ballata del giglio eseguita sotto l’abitazione del boss, i carabinieri filmarono politici, religiosi e cittadini mentre si commuovevano alla lettura di una lettera di «Tanuccio ‘o malommo» spedita da Poggioreale. Quell’episodio di devozione, fu determinante per lo scioglimento, deciso nell’ottobre del 2005.