25 comuni delle province di Napoli e Salerno ed in particolare, per intero in zona rossa 1 i territori dei comuni di: Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Palma Campania (parte in zona 1 e parte in zona 2), Poggiomarino (parte in zona 1 e parte in zona 2), Pollena Trocchia, Pompei, Portici, Sant’Anastasia, San Gennaro Vesuviano (parte in zona 1 e parte in zona 2), San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase, e Scafati (tutto in zona 2) e parte dei territori dei comuni di: Napoli (parte della circoscrizione di Barra – Ponticelli – San Giovanni a Teduccio), Nola e Pomigliano d’Arco (enclave nel territorio di Sant’Anastasia).
Questa la “nuova zona rossa” da evacuare cautelativamente in caso di ripresa dell’attività eruttiva del Vesuvio: migliaia di persone che continuano a vivere ai piedi del vulcano e che hanno imparato a gestire quel palpabile pericolo.
Seppure il Vesuvio sia uno dei vulcani inattivi più temuti e temibili del pianeta, la popolazione non è mai stata istruita sulle modalità di evacuazione: ovvero, nessun residente della zona rossa sa come comportarsi e cosa fare in caso di conclamato pericolo.
Nessuna simulazione, nessuna esercitazione, nessuna dimostrazione concreta del piano di evacuazione. Decenni di silenzio e abusivismo edilizio hanno contraddistinto la vita alle pendici del Vesuvio, dove i palazzi, le ville, gli edifici, i ristoranti, gli alberghi sono stati innalzati anche a pochi metri dal cratere, nella totale indifferenza. Di tutti.
Decenni di silenzi ed inerzia, interrotti da sporadiche folate di allarmismo, galvanizzate da previsioni, perizie e tavole rotonde organizzate da esperti in materia, utili solo a risvegliare leciti timori nella popolazione, ma pur sempre culminati in un nulla apparente. Nessun intervento concreto volto a rattoppare, quantomeno, il timore popolare.
Un dépliant illustrativo, un volantino, una conferenza stampa, un annuncio.
Niente di niente.
Gli abitanti della zona rossa non sanno come dovranno scappare, quando si vedranno costretti a scappare.
In queste ore in cui la terra torna a tramare nelle regioni del Centro Italia, già colpite dal sisma ni mesi precedenti, spira un’aria tesa lungo i fianchi del Vesuvio. E non solo per effetto della neve fioccata nelle ore antecedenti.
Tra i comuni dell’entroterra vesuviano, spira un clima simile a quello che travolge il centro-Italia, seppur per niente paragonabile, per proporzioni, alla tragicità che affligge le zone colpite dal sisma e da una delle nevicate più massicce degli ultimi tempi.
“La terra trema là e abbiamo paura qui”, ironizza un anziano di San Sebastiano al Vesuvio. Proprio nel piccolo e signorile comune vesuviano, il ricordo dell’ultima eruzione lavica è vivo nella mente degli abitanti più attempati.
Era il 18 marzo 1944.
Le colate laviche giunsero fino a Cercola, dopo aver invaso e parzialmente distrutto Massa di Somma e di San Sebastiano, che fu proprio uno dei comuni più colpiti dall’evento.
L’attività eruttiva terminò definitivamente il 29 marzo.
Nell’area interessata le vittime furono 26, a causa dei crolli dei tetti delle abitazioni, provocati dalla ricaduta delle ceneri. I paesi più danneggiati dai depositi piroclastici da caduta furono: Terzigno, Pompei, Scafati, Angri, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani, Poggiomarino e Cava; mentre gli abitanti di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e Cercola, furono costretti all’evacuazione. Napoli, invece, fu favorita dalla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di cenere e lapilli.
Un ricordo rievocato e riemerso, in queste ore, attraverso le immagini che raccontano la disperazione che ossessiona i comuni del centro Italia, dove la terra non smette di tremare.
“È brutto, è troppo brutto quello che si prova in quei momenti. – raccontano i testimoni oculari dell’ultima eruzione del Vesuvio – Quella paura, la può capire solo chi l’ha provata. I pensieri che hai in testa un attimo prima, un attimo dopo non hanno più valore. Tutto quello che avevi prima, in un attimo non lo hai più. Perdi tutto quello che hai guadagnato e costruito o che hai ereditato dai tuoi genitori, dai nonni. Dai nonni dei nonni. Non si può spiegare, non si può capire. Solo se lo hai provato, lo puoi capire. Quant’è brutta quella paura che ti toglie tutto.”
Forse sarà per questo che, oggi, sprezzanti del clima rigido, i giovani dell’epoca, hanno trascorso l’intera giornata in strada, seduti sulle panchine, a bisbigliare storie piene di rammarico e paura.