Il Vesuvio imbiancato, il freddo che di riflesso, avvolge ed inebria il limbo di terra appollaiato ai suoi piedi, il cielo, grigio e intorbidito, tiene in ostaggio il calore e la luce del sole. L’esercito piantona il solito fazzoletto di strada, a ridosso della villa comunale De Filippo, l’andirivieni di scooter è più concitato del solito. L’area parcheggio che delimita la stessa villa comunale di Ponticelli accoglie diversi camper di troupe cinematografiche: è il set di Gomorra.
Il quartiere sta ospitando le riprese della terza serie della fiction ideata da Roberto Saviano, finito, nei giorni precedenti, al centro di un animato botta e risposta con il sindaco de Magistris. Secondo il primo, Napoli è esattamente quella che si vede nelle sue pellicole e che trapela dalle pagine dei suoi libri: una terra sopraffatta dalla camorra, dove non esiste altro. Per il secondo, invece, il capoluogo campano va citato ed esaltato principalmente per il crescente fervore turistico e culturale.
Noncuranti di ambedue le correnti di pensiero e del fitto polverone di teorie ed opinioni innescato da quel serrato scontro verbale, i giovani del posto accolgono con puntuale esaltazione gli eroi della camorra romanzata.
È inverosimile: Ponticelli di scene di camorra “vera”, nella quotidianità e a telecamere spente, ne accoglie a dozzine.
In queste ore, però, la finzione si sovrappone alla realtà, e viceversa. Questo trapela in maniera tanto chiara quanto palpabile.
I volti illuminati, i sorrisi compiaciuti, gli sguardi di approvazione, le movenze, la mimica, intente ad emulare gesta e battute di finti boss a servizio di un copione da recitare che, agli occhi di chi la camorra ha scelto di servirla realmente, appaiono degli eroi che, grazie al ruolo interpretato sul set, sono diventati delle celebrità acclamate in tutto il mondo. E, nelle terre di camorra, ancora di più.
Osservare il mondo che accoglie e che, al contempo, si muove intorno alle riprese di Gomorra, equivale ad assistere ad un’altra storia, quella che la realtà trascrive attraverso la finzione, perdendosi nelle districate maglie di quest’ultima, rendendo impossibile l’identificazione dell’impercettibile linea di demarcazione che timidamente cerca di scinderle.
L’aspetto che maggiormente balza all’occhio è l’esaltazione, le mani sfregate con ingannevole frenesia e non per osteggiare il freddo.
Gomorra e le suggestioni direttamente associabili e riconducibili alla fiction, consegnano una sorta di “diritto/dovere all’azione criminale” ai giovani cultori di pistole, frasi ad effetto e cattive maniere. Paradossale, assurdo, surreale, eccessivo ed estremo, secondo gli spalleggiatori di Saviano, eppure è esattamente quello che accade.
Il turbinio di attenzioni ed emozioni che insorge intorno alle finte scene di camorra, galvanizza e motiva i giovani esponenti della malavita, che guardano con occhi benevoli il clamore, la rispettabilità e l’adorazione che i personaggi ideati dalla fantasia di uno sceneggiatore conquistano, anche andando incontro alla morte.
I camorristi sfidano la morte e sostengono di non temerla, sul set così come nella vita reale, perché ciò che rende la vita meritevole d’essere vissuta sono ben altre priorità: potere, soldi, onore. Sul set così come nella vita reale.
Non è Ponticelli a prestare il set a Gomorra, ma Gomorra a prestare il copione alla camorra.
Questo appare chiaro guardando le scene di camorra che fanno da contorno alle riprese di Gomorra.