Il gelo che si è abbattuto sull’Italia e che sta dando filo da torcere soprattutto alle regioni meridionali, continua a mietere morti.
8 decessi in 48 ore: 6 sono clochard.
Per i senzatetto, quando il termometro segna temperature al di sotto dello zero, sopravvivere è una lotteria. Difficile stimare le possibilità di superare notti rigide, senza il supporto di un rifugio sicuro dalle intemperie.
Adriano è un 70enne originario del Nord, diventato un clochard per il disamore dei figli che, una volta ereditate le fortune di famiglia, lo hanno messo alla porta. Gestore di una piccola e modesta impresa in provincia di Bergamo, viveva in una villetta indipendente in periferia.
Adriano ha tre figli: due maschi e una femmina. Pochi mesi dopo la prematura morte della moglie, l’uomo fu colto da un malore che mise a dura prova il suo cuore. Ricoverato per diverso tempo in ospedale, fu convinto dai figli a cedergli le redini dell’azienda di famiglia e gli altri beni: “pensavo che fossero preoccupati per me e che dopo la perdita della madre, avessero a cuore la mia sorte, invece, dopo la cessione dei beni di famiglia, capì che per i miei figli ero diventato un peso, un problema scomodo che nessuno aveva voglia di prendersi in carico. Mi misero a parcheggio in una casa di riposo per anziani, avevo appena 56 anni e mi avevano già condannato a morte. Se avessi seguito la strada che mi avevano imposto, la mia vita sarebbe finita nel giro di pochi mesi. La solitudine e la depressione mi avrebbero divorato. Sono fuggito dalla casa di riposo, anche se non avevo più niente. Niente soldi, niente casa.
Andai subito alla stazione e salì sul primo treno in partenza. Sono più di 10 anni che la mia casa è l’Italia. Ho iniziato una via da girovago, forse per liberare i miei figli dal disagio e dal disonore di avere un padre clochard o, forse, per evitarmi il dolore di convivere con l’idea di averli vicini, ma incuranti dei miei desideri, della mia voglia di vivere. O forse per entrambe le ragioni.
Ho scelto di vivere senza radici e senza mete, rinnegando, per certi versi, la mia vita precedente. Sono grato anche a questa vita, perché, nonostante tutto, mi ha dato l’opportunità di conoscere tante città che probabilmente non avrei visitato, se fossi rimasto relegato dietro la scrivania della mia impresa: Rimini, Bologna, Pisa, Trapani, Perugia, Roma, Pescara, Bari, Taranto, Forlì, Messina.
Sono a Napoli da diverso tempo. Non so dire esattamente da quanto. Quando diventi un clochard, non misuri il tempo in ore, giorni o mesi, ma in fasi: la stagione calda e quella fredda. Entrambe portatrici di problemi e avversità, ma il freddo è un dramma, un vero dramma.
Trovare un posto dove accamparsi per trascorrere la notte è una scelta fondamentale: un errore valutativo può costarti la vita. Credi di essere al riparo e che rannicchiandoti in un angolo coperto da cartoni e piumone, puoi trovare un po’ di torpore e invece ti addormenti e non ti risvegli più. In questi anni, ho visto morire così tante persone che mi dormivano accanto. E ho imparato a non dare per scontato che un posto dove hai superato una notte rigida, può essere altrettanto sicuro la notte successiva. Ogni notte è una storia a sé e noi clochard, tutte le notti d’inverno, lottiamo contro la morte. Tutte le mattine, quando ti risvegli, provi un senso di gratitudine e riconoscenza verso la vita che, posso dirlo per certo, quando si ha un tetto sulla testa, non si prova e non si può capire.”
Cosa vuole dire a chi, in queste ore, vorrebbe attivarsi per aiutarvi?
“Apriteci le porte delle vostre case. Non fate lo stesso errore dei miei figli: salvateci la vita. Non pensate ai beni materiali, arricchite i vostri cuori di quel genere di azioni che danno un senso al nostro passaggio su questa terra. Accoglieteci negli androni dei condomini, abbastanza caldi da poterci permettere di sopravvivere e, soprattutto, aprite le porte delle chiese. Nella Casa del Signore, di certo, non manca il calore.”