Il primo agguato di camorra del 2016 avvenuto a Ponticelli, viene messo a segno venerdì 22 gennaio, intorno alle 18, in viale Margherita. La vittima è Davide Montefusco, trentaquattrenne originario di Casalnuovo. Un passato vicino al clan Sarno, poi una breve parentesi da collaboratore di giustizia con dichiarazioni successivamente ritrattate, non faceva parte di alcun programma di protezione. Quando Montefusco si è fermato al semaforo è stato affiancato da uno scooter che ha sparato 12 colpi che lo hanno raggiunto tra testa e torace.
È il primo agguato che va ad incastonarsi in una lunga scia di sangue che verrà definita “la rivolta contro i familiari dei pentiti del clan Sarno”: vittime di questa vendetta trasversale, attuata da una mano oscura, finalizzata a punire i gregari del clan che annoverava il suo quartier generale nel rione de Gasperi di Ponticelli, diventati poi collaboratori di giustizia, uccidendone i parenti, estranei alle dinamiche camorristiche, ma erti a vittime sacrificali per sanare “il conto aperto” con i personaggi di spicco del clan che per oltre un trentennio ha dominato l’intero hinterland napoletano.
Mario Volpicelli, 53 anni, cognato dei Sarno, professione commesso in un negozio di casalinghi, viene ucciso per questa ragione intorno alle 21 di sabato 31 gennaio, mentre rientra a casa, con le buste della spesa tra le mani.
Sorte analoga per Giovanni Sarno, 54enne fratello disabile del boss Ciro, detto ‘o sindaco, freddato il 7 marzo, poco dopo la mezzanotte, con due colpi di pistola alla testa, mentre dormiva nel suo appartamento in quel Rione De Gasperi che un tempo era, per l’appunto, la roccaforte dei Sarno. Il cadavere venne trovato da una nipote, dopo che i familiari furono avvisati dell’agguato dalla citofonata di uno sconosciuto: «Zio Giovanni è morto. Andatevi a prendere il cadavere a casa».
In questa scia di sangue si colloca anche l’omicidio di Manlio Barometro, il vigile urbano di 59 anni, ucciso l’8 marzo in via Fratelli Grimm. Barometro, secondo la testimonianza di alcuni pentiti, aveva avuto rapporti con il clan Sarno e per questo era stato in passato sospeso e spostato da Ponticelli. Seppure fosse incensurato, il nome di Manlio era finito nel registro degli indagati della DDA con l’accusa di estorsione.
L’arma che ha messo a segno gli ultimi tre omicidi è la stessa: si tratta di un revolver che non lascia bossoli, non rendendo pertanto possibili le comparazioni balistiche. Un segnale preciso che lascia intuire che dietro questi agguati seriali si celano killer professionisti.
Nella notte tra sabato e domenica 27 marzo, viene incendiata la porta di casa della 73enne madre di Raffaele Cirella, il “killer pentito” del clan Sarno, ora collaboratore di giustizia.
I familiari degli gregari del clan Sarno, attualmente collaboratori di giustizia, che vivevano ancora a Ponticelli, sono stati costretti a trasferirsi altrove per salvarsi la vita.
Dopo mesi di calma apparente, il pomeriggio del 7 giugno, in un circolo ricreativo di via Cleopatra nel Lotto O di Ponticelli, viene giustiziato il boss dei Barbudos del Rione Sanità, Raffaele Cepparulo, detto “Ultimo”.
Il 25enne boss del clan dei tatuati, era in esilio a Ponticelli, in quanto finito nel mirino del clan Vastarella, in seguito alla “strage delle Fontanelle”, messa a segno dal suo clan in un circolo ricreativo del Rione Sanità, poche settimane prima, per rivendicare l’egemonia dei “followers di Antonio Genidoni”. Nell’agguato che porta la firma di due giovani sicari che, a volto scoperto e a piedi, hanno fatto irruzione nel circolo ricreativo che giace ai piedi del bunker del clan De Luca Bossa, ha perso la vita anche il 19enne Ciro Colonna, incensurato ed estraneo alle dinamiche camorristiche.
Un agguato che sembra possedere tutti i requisiti del regolamento di conti estraneo alle dinamiche interne del quartiere, ma che ben si presta anche ad altre interpretazioni, meno scontate e più complesse.
Nella notte tra il 19 e il 20 giugno, le forze dell’ordine fanno irruzione nel Rione Conocal di Ponticelli, la roccaforte dei D’Amico, il clan di Fraulella e arrestano 94 persone, giungendo a smantellare dozzine di piazze di spaccio a cielo aperto, gestite dalle donne del clan, sempre più decimato da arresti ed agguati.
Il 31 agosto, il 29enne latitante Flavio Salzano viene ucciso in auto, in via Cupa San Michele, strada isolata tra San Giorgio a Cremano e Ponticelli, freddato da nove colpi d’arma da fuoco alla testa. Un’autentica esecuzione voluta per punire “uno sgarro”: capo delle piazze di spaccio dei D’Amico, Salzano aveva fatto carriera edera diventato un elemento di spicco del clan De Micco.
Durante i giorni più caldi dell’anno, vengono scarcerati alcuni personaggi di spicco riconducibili al clan De Luca Bossa che intende ricompattarsi per riconquistare una posizione di rilievo all’interno della scena camorristica ponticellese, cercando coperture ed alleanze in altri clan dell’hinterland napoletano che vivono la medesima condizione di declino e che possono covare anche “vecchie ruggini” da vendicare nei riguardi del clan De Micco.
Il clan di Bodo, questo il soprannome di Marco, il founder del clan: un autentico esercito, ben organizzato e militarizzato. Sono loro la forza da scalzare e non tarda ad arrivare l’agguato che lo comprova: il 10 novembre, Luigi De Micco ed Antonio Autore, finiscono travolti da una raffica di proiettili, ma sfuggono miracolosamente alla morte. I due, rispettivamente di 40 e 23 anni, durante le prime ore pomeridiane, si trovavano in via Cupo Molisso, a pochi passi dal Lotto 10 e dal commissariato di polizia del quartiere. Un segnale al quale i gregari del clan di Bodo replicano un tatuaggio: “non abbatterti…. Abbattili”.
Il 23 dicembre, intorno alle 13.30, viene letteralmente colpita al cuore una figura-simbolo del clan De Luca Bossa. Salvatore Solla, detto Tore ‘o sadico. Il ras è stato raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco mentre si trovava in auto in compagnia di Giovanni Ardu, nel Lotto O di Ponticelli. Il 63enne muore poco dopo il ricovero nel vicino ospedale Villa Betania per la gravità delle ferite riportate, mentre Ardu, il 42enne stimato essere il guardaspalle del boss è stato ferito da diversi proiettili indirizzati alle gambe.
Il 2017 è destinato ad accogliere una probabilissima scia di sangue, in virtù della faida in corso per “le solite ragioni”: il controllo delle piazze di spaccio e del mercato degli altri business illeciti.
Droga, soldi, potere: costanti che si ripetono in tutti gli scenari in cui impazzano le guerre di camorra.