Il genio e l’estrosa scaltrezza, squisitamente partenopee, continuano a dettare legge, insegnando l’arte di arrangiarsi anche agli altri popoli.
Tra le braccia di Partenope rappresenta un must per eccellenza dell’”essenza napoletana” e, adesso, una delle idee più geniali insorta all’ombra del Vesuvio, viene rilanciata ben oltre le mura della città.
Anche in Cina, dove lo smog è sempre più imperante, qualcuno ha deciso di vendere, letteralmente, aria. Si tratta di alcuni venditori della provincia di Yunnan, che hanno messo in buste sigillate l’aria pulita e le offrono a 18,8 yuan (circa due euro e mezzo).
Secondo quanto spiega l’agenzia di stampa ecns, questa trovata sta suscitando non poche polemiche: l’aria è un bene comune che non può essere dato a pagamento, spiega il giurista Sun Wenjie. D’altro canto, la drammatica situazione dell’inquinamento in Cina rende l’aria pulita un bene sempre più negato i cittadini. Nell’ultima settimana la cappa di smog ha costretto alla chiusura di molte scuole e persino alla cancellazione dei voli.
Oltre 20 città cinesi e una popolazione totale di oltre 460 milioni si sono trovate in uno stato di “allarme rosso” per l’inquinamento. Lo stesso presidente Xi Jinping è dovuto intervenire, indicando che è ora per la Cina settentrionale di abbandonare il carbone nella produzione di energia e di lanciarsi su fonti più pulite.
La vendita di aria pulita in busta o bottiglia non è una novità nata in Cina. In Italia, nell’immediato dopoguerra, Gennaro Ciaravolo inventò i barattoli di “Aria di Napoli”, venduti ancora oggi come souvenir.