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Acciaroli, la testimonianza del “pusher in pensione”: “le mani della camorra ovunque”

Luciana Esposito di Luciana Esposito
12 Dicembre, 2016
in In evidenza, News
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Acciaroli, la testimonianza del “pusher in pensione”: “le mani della camorra ovunque”
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07092011-1109_acciaroli_1767“Già negli anni ’80 la camorra ha messo le mani su Acciaroli”: inizia così il racconto-testimonianza di un 43enne pusher napoletano che negli anni ’80 ha “vinto” l’appalto per gestire la piazza di spaccio più ambita della stagione estiva, quella della “perla del Cilento”, così ribattezzata in quanto fiore all’occhiello delle primizie esibite dalla Costa cilentana, in termini di mare pulito e qualità della vita. Una vetrina più unica che rara per il business estivo della camorra che non va mai in vacanza, quando si tratta di chiudere “un buon affare”.

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La camorra ad Acciaroli non è entrata in punta di piedi, ma di prepotenza, appena ha fiutato l’odore della macchina da soldi che quella gallina dalle uova d’oro poteva azionare, investendo in attività commerciali: una pizzeria, in primis, negli anni ’80, quando nell’attuale signorile piazzetta giaceva una pompa di benzina e il paese esibiva un paesaggio molto più rurale, rispetto a quello attuale. È il clan Mazzarella di San Giovanni a Teduccio a conquistare, prima di chiunque altro, lo scettro del potere criminale in quel limbo di terra che accoglie miglia di turisti durante la stagione estiva. Negli anni ’80-’90 sono i Mazzarella non comandano solo la periferia orientale di Napoli, ma anche la zona Mercato, il Vasto e il Pallonetto di Santa Lucia, Posillipo, Bagnoli, Pozzuoli, grazie a sodalizi criminali e arrivano a spingersi fino ai comuni dell’area Nord: Acerra, Marigliano, Mariglianella, Brusciano. Sono i Mazzarella a colonizzare Acciaroli: il traffico della droga parte da lì e si estende lungo tutta la costa, per effetto del lavoro dei pusher che prendono d’assalto le discoteche.

lsd-213248712_909782249131494_330292261_nIl “D&D” di Santa Maria di Castellabate, “Il Ciclope” di Palinuro: luoghi di svago e di sballo che accolgono gli schiamazzi di giovani provenienti dall’intero Sud Italia e non solo. Lungo le piste che accolgono i “festini house” le droghe chimiche vanno forte, le cosiddette “pasticche” di ecstasy ed Lsd, ma anche “le pietre di fumo” per gli spinelli. Lo spaccio inizia all’esterno dei locali, per mano di parcheggiatori più o meno abusivi, mentre pusher super-forniti sono individuabili anche lungo le piste da ballo. È in questo contesto che alla fine degli anni ’90, un giovanissimo Bruno Humberto Damiani, detto “il brasiliano”, si fa spazio nella sfera criminale cilentana, in veste di piccolo, ma ambizioso e rispettato spacciatore, proprio nei luoghi di ritrovo della movida. “Il brasiliano” si divide tra Salerno e Secondigliano e tra le piazze di spaccio di Napoli Nord vanta tanti amici.

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Il brasiliano approda ad Acciaroli quando sulla scena politica si fa spazio la figura di un pescatore diventato sindaco a furor di popolo, Angelo Vassallo, e il clan Mazzarella inizia a percorrere la curva del declino: omicidi ed arresti ridimensionano il clan che di fatto abbandona la postazione cilentana.

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La pizzeria di proprietà dei Mazzarella, viene rilevata da altri imprenditori napoletani che nel giro di pochi anni colonizzano il Porto di Acciaroli, acquistando un altro ristorante e un disco-bar, “il famoso” locale diventato ben presto un luogo di ritrovo assai in voga tra gli avventori cilentani, inaugurato nel 2010, durante l’ultima estate del sindaco-pescatore.

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Un commerciante acciarolese in difficoltà, la pronta e generosa offerta della camorra, pronta a rilevare la struttura per consolidare la sua presenza lungo la Costa del Cilento.

È così che uno di quei bar con i tavolini e le sedie di plastica, dove i vecchietti si ritrovano per giocare a carte e la coca cola costa un euro, si è trasformato nel set de “la grande bellezza”: poltrone in pelle, escort che ballano in bella mostra sui cubi e sui tavoli, bottiglie da centinaia di euro, musica assordante e cocaina a portata di mano.

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“A gestire lo spaccio della cocaina è sempre stato solo un clan che, a un certo punto, arriva ad allearsi con la ‘ndrangheta calabrese, per risolvere il problema dell’approvvigionamento, ma anche perché erano loro a frnire la merce migliore. La droga arrivava direttamente via mare, sui pescherecci, nascosta nelle cassette del pesce. Tra di noi si ironizzava su questa circostanza, si diceva che dovevano buttarci il profumo sopra prima di venderla, altrimenti nessuno la pippava, perché puzzava di pesce. Quello della cocaina è un mercato che non è stato introdotto con la nascita dei locali notturni, ma c’è sempre stato. Di gente benestante ad Acciaroli ce ne va in vacanza tanta e si sa che più ricchi sono e più vizi tengono. Le persone del posto inserite nel sistema o la vendevano in proprio, comprandola dal clan o sapevano già dove mandare i clienti che si mostravano interessati. Il business della cocaina a Acciaroli non è cambiato. È cambiata la clientela che è diventata più giovane rispetto agli anni ‘ 80, dove il cliente tipo era l’imprenditore o “il vecchio con i soldi” e quindi anche il modo di spacciare è cambiato. In passato, l’imprenditore lo chiedeva al rifornitore abituale dove comprare la cocaina in vacanza e quello gli indicava il locale o il negozi o la persona da contattare. Oggi, i mercato è molto competitivo e l’esigenza di doversi relazionare a un pubblico giovane, impone di impiantare la piazza dove sai che ci sono i giovani: questo succede a Chiaia, nel centro storico e anche ad Acciaroli.

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Per quanto riguarda la marijuana e il fumo, invece, il discorso è diverso. Per anni, prima per conto di quelli di San Giovanni e poi di Ponticelli, ho gestito una piazza ad Acciaroli. Anche se non si può definire una vera e propria piazza, come, per esempio può essere quella che viene descritta in “Gomorra”, cioè, dove la droga ti viene calata dal famoso “panaro” o dalle finestre murate, in quei posti è ovvio che si spaccia in altri modi: sei un pusher che si aggira con discrezione tra i ragazzi e cerchi di “agganciare” quelli che a vista ti sembrano potenziali clienti. Basta una volta sola, poi, ti conoscono e sono loro che vengono a cercarti e tu non devi fare altro che fingere di essere un villeggiante qualunque. Io per diverse estati, addirittura ho trovato lavoro presso una struttura alberghiera. Anche se alla fine del mese mi dava uno stipendio pari a quello che guadagnavo dopo una settimana per conto del clan, mi serviva pe rendermi non solo più insospettabile, ma anche più facilmente individuabile per i clienti. Tanto, le forze dell’ordine, tutt’oggi, nonostante la morte di Vassallo, si accaniscono sui “pesci piccoli”, ovvero, fermano dei ragazzi o ragazzini “sospetti”, li perquisiscono e se gli trovano il fumo o l’erba addosso, “fanno i duri”, ma si tengono ben lontani dal “cuore pulsante” del business per tante ragioni.

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Controlli, perquisizioni o blitz volti a scardinare i poteri forti non se ne sono mai visti e mai si vedranno, tant’è vero che d’estate, nonostante il numero di persone accolte in quei luoghi sia 10, 20, 30 volte superiore al numero degli residenti, non vengono mai inviate pattuglie o uomini o mezzi per rafforzare i controlli. E che ad Acciaroli ci siano le piazze di spaccio nessuno lo può negare, com’è vero che l’odore della marijuana e del fumo non si può camuffare e lo senti passeggiando per strada. Molte persone del posto sono coinvolte “in proprio” nello spaccio di droga, ma hanno l’obbligo di acquistarlo dai clan “nostri”: le piazze erano e sono rifornite sempre e solo da Napoli est e Napoli Nord. L’estate scorsa, il maxiblitz nel Rione Conocal di Ponticelli che ha portato all’arresto di quasi 100 persone e alla chiusura di più di 10 piazze di spaccio, è stata una mazzata per il business estivo, perché il clan non ha avuto tempo per organizzarsi. Sono scese delle squadre di “cani sciolti” che non avevano e non hanno un’organizzazione solida alle spalle: lo poteva fare qualsiasi altra persona che sapeva che quest’estate il mercato del fumo era “libero” ad Acciaroli, non solo per questa ragione. Prima di partire andava a rifornirsi e poi andava lì e cercava di smerciarlo. Rischioso? È risaputo che ad Acciaroli non c’è controllo da parte delle forze dell’ordine. È brutto da dire, ma il segnale più forte che rassicura chi va ad Acciaroli armato di cattive intenzioni è proprio la morte di Vassallo. L’atteggiamento della politica e delle forze dell’ordine “incoraggiano” lo spaccio.

ANGELO VASSALLO

Quella del 2010 non è stata solo l’ultima estate di Vassallo, ma anche la mia. Quell’estate anche io ho lavorato come pusher, ma lontano dai luoghi della movida gestiti dal brasiliano. Quell’anno ad Acciaroli c’erano più di 15 piazze gestite da altrettante pusher. Alcune “mobili”, perché, come nel mio caso, ero io che mi muovevo tra gli avventori, altre “fisse”, non solo nei locali, ma gestite anche da chi era a capo di attività commerciali. Il brasiliano lo conoscevano tutti. Era tornato ad Acciaroli dopo aver scontato una condanna per rapina, aveva cercato di rapinare uno dei supermercati “GS” di Salerno e le telecamere lo hanno inchiodato. Era più inquieto e incazzato di prima e veniva a “consigliarci” di favorire il suo lavoro perché aveva de figli da sfamare. Questo andava dicendo anche ai clienti abituali, notoriamente miei o di altri pusher, per monopolizzare il mercato. Il brasiliano mirava a quello, a diventare “il re” delle piazze di droga di Acciaroli, gli interessava solo quello: fare soldi. Qualche altro pusher mi raccontò di essere stato minacciato dal brasiliano che gli aveva chiesto un’estorsione, pretendeva il pizzo sulla sua piazza. Non so se è vero, però si accaniva sui ragazzini, gli piaceva vedere il terrore e il rispetto negli sguardi che incrociava. Io, quell’estate, me ne andai dopo ferragosto, perché l’aria si stava facendo pesante. Non ho più l’età per fare questo mestiere.

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Non lo so chi ha ucciso Vassallo, ma so chi se lo porta sulla coscienza: quelli che lo hanno fatto spolmonare senza dargli una mano. Vassallo aveva capito che il problema della droga si era ingigantito e che quella piazza iniziava a fare gola a troppi. Ha provato a scalare una montagna a mani nude e sappiamo tutti com’è finita. La sua morte, sul fronte criminalità, ha scoperchiato una pentola pericolosissima: Acciaroli è come un colpo a una cassaforte piena di gioielli spalancata per “spacciatori occasionali” che limitano il loro operato ai giorni di ferragosto senza lasciare “tracce” e riferimenti, ma è una responsabilità per chi, come me, era abituato ad andarci a metà giugno e ritornare a Napoli a fine agosto.

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Nel momento in cui hanno ucciso un sindaco, un civile, hanno condannato a morte quel paese. Ad Acciaroli il business della droga non morirà mai. Hanno preferito far morire un sindaco pur di non rinunciare a quel business, ma la droga non è l’unico motivo per cui Vassallo è stato ucciso, soprattutto se è stato veramente il brasiliano a premere il grilletto. Bruno era un criminale, ma non un assassino. Se è stato lui, l’omicidio gli è stato commissionato, ma non ha logica pensare che lo ho ucciso, come hanno detto, per vendetta. L’estate era finita, aveva guadagnato bene, aveva davanti un altro anno per rafforzare il suo potere e coprirsi ancora d più le spalle. Lo sapeva bene che non rischiava niente, che faceva? Si tirava addosso un guaio come questo? La verità sull’omicidio Vassallo non verrà mai fuori: questo è chiaro a chi vive in certi ambienti e a chi c’era quell’estate ad Acciaroli.

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Gli amici mi hanno riferito che quest’estate sono stati avvistati diversi personaggi di spicco dei clan del centro storico e non solo. Hanno fatto una specie di “sopralluogo” e di certo non per mettere qualche loro ragazzo a vendere fumo e marijuana.. Quelli, in testa, hanno ben altro..”

Tags: angelo vassallo. sindaco pescatorebrasilianobruno humberto damianicilentoclan mazzarellacomune di pollicacosta del cilentodroganapoliomicidiopiazza di spacciopushersalerno
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