In scena al teatro Cilea di Napoli, fino al 4 dicembre, “Il divorzio dei compromessi sposi” lo spettacolo scritto e diretto da un esilarante Carlo Buccirosso.
Una trama che da secoli istruisce ed intrattiene, scolari e cultori della letteratura italiana: “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni rappresenta un inamovibile caposaldo della storia letteraria del nostro Paese e mettere le mani su quel romanzo vuol dire farsi carico di una responsabilità tutt’altro che di poco conto che, tuttavia, non sembra gravare sulle spalle di Buccirosso che, da sempre, ha riscontrato nell’arte di non prendersi mai sul serio la chiave di lettura più lungimirante e risoluta del suo successo artistico.
Il suo restyling di una delle storie d’amore più celebri al mondo è contraddistinta da due leitmotiv vincenti: la marcata napoletanità che “inonda” la scena, seppur ben amalgamata con molte altre cadenze ed accenti, rilanciando, così, un indiretto messaggio di “fusione tra popoli ed anime identitarie” che non merita di passare in sordina, e il continuo parallelo tra “antico” e “moderno” che diventa un’esilarante passeggiata tra innovazioni e perfino ossessioni tipiche della nostra epoca.
Quella di Buccirosso è una trama meticolosamente imbastita, dove ogni singola battuta s’incastona alla perfezione in un quadro molto ben curato e poliedrico che rappresenta un autentico excursus tra tutte le forme d’arte riproponibili sul palcoscenico, tutte brillantemente espresse, non solo da Buccirosso, ma dall’intero parterre.
Recitazione, danza, canto: lo spettacolo non si limita a divertire, ma allieta ed intrattiene la platea. I brani musicali proposti, a loro volta, rappresentano una rivisitazione, forgiata a immagine e somiglianza delle esigenze della trama, di alcuni degli intramontabili successi della canzone classica napoletana e italiana. In tal senso, il Buccirosso in versione Michael Jackson nella rivisitazione di “Thriller”, accompagnato da un corpo di ballo capace di riempire la scena con un’armonica sincronia di movimenti puliti e mai eccessivi, scrive una delle pagine più geniali e divertenti del teatro moderno.
In scena, insieme a Buccirosso, alcuni volti celebri del piccolo schermo, come Veronica Mazza e Antonio Pennarella, oltre a Gino Monteleone, Peppe Miale, Monica Assante Di Tatisso, Claudiafederica Petrella, Giordano Bassetti, Giuseppe Ansaldo, mentre merita una menzione speciale il corpo di ballo, capace di portare in scena quella versatilità artistica che, per effetto dei talent show, rischia di depauperarsi.
Elvira Zingone, Alessandra Calamassi, Alessia Di Maio, Sergio Cunto, Mauro De Palma, Giancarlo Grosso: non solo ballerini, ma artisti completi, capaci di recitare, senza “sparire”, al cospetto dei “big” con i quali dividono il palco e muniti anche di sontuose voci, capaci di conferire alle melodie cantate quel quid in più che impreziosisce e non poco l’anima della trama.
Uno spettacolo che consegna un’entusiasmante consapevolezza: è possibile rivisitare un classico della letteratura italiana in chiave ironica, senza svilirne l’autorevolezza né sbeffeggiarlo e, soprattutto, quella copiosa sterzata di napoletanità consente di toccare con mano tutta la preponderante forza insita nella nostra cultura e anche nella nostra indole, a patto che, a immagine e somiglianza del “modello Buccirosso”, se ne sappia fare buon uso.