Una fila di 1milione e 700mila pneumatici, tanti da poter collegare Napoli con l’Austria: questi i numeri che ben spiegano “l’emergenza” legata ai pneumatici fuori uso abbandonati nel territorio delle province di Napoli e Caserta e che grazie al “Protocollo per il prelievo straordinario dei pneumatici fuori uso abbandonati nelle province di Napoli e Caserta” sono stati raccolti e recuperati, sottraendoli alle pratiche criminali che spesso li fanno diventare innesco per i roghi di rifiuti.
Quotati perché assicurano una combustione continuativa dei roghi e, pertanto, oggetti appetibili per i gestori dei traffici dei rifiuti nelle discariche abusive, dove materiale di diverso tipo viene ammucchiato e dato alle fiamme per assicurare un riciclaggio rapito e “low cost” alle grandi aziende.
L’impianto normativo e operativo ha già consentito di rimuovere e recuperare ben 15.888 tonnellate di pneumatici fuori uso, scongiurando ogni rischio per l’ambiente e la salute dei cittadini.
Stipulato nel 2013 tra il Ministero dell’Ambiente, l’Incaricato del Governo per il contrasto dei roghi in Campania Prefetto Donato Cafagna, i Comuni e le Prefetture di Napoli e Caserta e la società consortile senza scopo di lucro Ecopneus, che con le proprie aziende partner locali costituisce il “braccio operativo” del Ministero in questa attività, il Protocollo ha già consentito di rimuovere dalle strade di 29 Comuni ben 1.269 tonnellate di Pneumatici Fuori Uso. A queste si aggiungono le oltre 8.400 tonnellate prelevate a Scisciano (NA), dove per oltre 20 anni hanno costituito il cosiddetto “cimitero delle gomme”, e le oltre 6.100 tonnellate recentemente rimosse da un deposito illegale a Napoli in zona Gianturco, in pieno centro abitato e a ridosso della stazione ferroviaria Centrale.
La Terra dei Fuochi cambia il suo destino se, insieme ai controlli, alle bonifiche, al miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti da parte delle amministrazioni locali, cresce la coscienza civica e il rispetto della legalità in chi abita, lavora, vive sul territorio.
Parallelamente alle attività operative del Protocollo, forte è infatti anche l’impegno in progetti di informazione e sensibilizzazione, sempre sotto il coordinamento e la supervisione del Comitato di Vigilanza.
“Io scelgo la strada giusta” è il titolo della campagna che affianca la raccolta sul territorio e che lancia un appello contro l’acquisto in nero di pneumatici, fenomeno da cui ha origine un flusso di abbandoni che ricompare nei campi o al bordo delle strade e diventa innesco per i roghi che tristemente identificano questa terra.
Nell’ambito di questa campagna uno spazio speciale è dato al coinvolgimento dei ragazzi, con visite agli impianti di trattamento, progetto educativi, concorsi, al fine di stimolarli a riflettere su quello che si può fare concretamente per combattere le illegalità che colpiscono la loro terra e per aiutarli a costruire e lanciare un messaggio di cambiamento e di speranza.
Lo smaltimento dei pneumatici fuori uso rappresenta un problema ambientale di dimensioni notevoli, considerata l’enorme mole di ingombro che comporterebbe nelle discariche e tutti i problemi connessi, quali scarsa biodegradabilità, facilità di combustione, ristagno d’acqua con proliferazione di insetti e rischio di infezioni. Infatti le gomme sintetiche (elastomeri), che costituiscono i materiali con cui sono fatti i pneumatici, sono progettate per avere la maggior durata possibile (per questo stesso motivo, gli elastomeri possiedono anche un’elevata resistenza all’azione dei microrganismi, che impiegano più di un secolo prima di riuscire a distruggerli).
Il pneumatico è composto da materie che possono essere reimpiegate in nuovi processi produttivi. Tuttavia, il recupero dei pneumatici fuori uso mediante il reimpiego dei propri composti in altri processi produttivi stenta a decollare, perché risente fortemente degli elevati costi di lavorazione necessari ai processi di trattamento di rifiuti ad elevato contenuto di acciaio. Anche l’impiego dei PFU (Pneumatici Fuori Uso) per la ricostruzione di nuovi pneumatici rappresenta uno dei metodi di recupero più efficaci, in quanto consente il riuso di circa l’80% dei materiali che lo compongono (gomma, elastomeri, acciaio). Grazie a dei procedimenti industriali di taglio e granulazione dei pneumatici, è possibile separarne le diverse componenti (gomma, acciaio e fibra) ottenendo un materiale utilizzabile in molteplici maniere: mattonelle, pannelli fonoassorbenti, superfici sportive, suole per calzature, ruote per carrelli, pavimentazioni stradali, componenti per automobili, e numerosi altri.
Nel 2010 un rapporto di Legambiente parla di oltre 1.000 discariche illegali da nord a sud; 2 miliardi di Euro di danno economico per le finanze e l’imprenditoria onesta dal 2005 a oggi. Per la prima volta viene descritto il quadro dei traffici illegali di pneumatici fuori uso, alla vigilia della partenza di un sistema nazionale di raccolta.
Ogni anno spariscono nel nulla – o si disperdono in canali poco chiari – fino a 100 mila tonnellate di PFU, circa 1/4 degli pneumatici immessi in commercio nello stesso arco di tempo.
I dati elaborati evidenziano che dal 2005 al 2010 sono state individuate ben 1.049 discariche illegali in tutta Italia, per un’estensione complessiva che supera ampiamente i 6 milioni di metri quadrati (per l’esattezza 6.170.537). Si va dalle discariche di ridotte dimensioni, frutto della smania di risparmiare qualche spicciolo da parte di piccoli operatori (gommisti, officine, trasportatori, intermediari), a quelle più grandi, dove appare evidente la presenza di attività organizzate per il traffico illecito, svolte sia in Italia che all’estero.
I traffici illeciti riguardano ben 16 regioni italiane e hanno coinvolto, sia come porti di transito sia come meta finale di smaltimento, 8 Stati esteri: Cina, Hong Kong, Malaysia, Russia, India, Egitto, Nigeria e Senegal. Dalle indagini emerge chiaramente come i pneumatici fuori uso siano tra i materiali più gettonati dai trafficanti: questa tipologia di rifiuti è stata al centro di oltre l’11% del totale delle inchieste svolte dal 2002 ad oggi.
È possibile stimare le conseguenze economiche di “copertone selvaggio”, che vanno dal mancato pagamento dell’IVA per le attività di smaltimento, alla vendita illegale di pneumatici, dalle perdite causate alle imprese di trattamento, fino agli oneri per la bonifica dei siti illegali di smaltimento.
La perdita economica per lo Stato può essere quantificata in circa 143,2 milioni di Euro l’anno, di cui 140 milioni per il mancato pagamento dell’IVA sulle vendite e circa 3,2 milioni di euro per il mancato pagamento dell’IVA sugli smaltimenti; i mancati ricavi degli impianti di trattamento, costretti a lavorare a regimi ridotti a causa della fuoriuscita degli PFU dal ciclo legale, possono essere quantificati in almeno 150 milioni di Euro l’anno; i costi di bonifica delle discariche abusive di PFU sequestrate nel periodo 2005-settembre 2010, che solitamente sono a carico dei contribuenti, possono essere stimati in almeno 400 milioni di Euro.
Sulla base di queste stime non è azzardato ipotizzare un danno economico complessivo, sia alle finanze pubbliche che all’imprenditoria legale, accumulato sempre nel periodo 2005-settembre 2010, di oltre 2 miliardi di euro (esattamente 2,086).
Le regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), sono quelle più colpite dalla presenza di siti illegali: qui si concentra più del 63% delle discariche abusive, per una superficie complessiva pari al 70,4% di quella sequestrata in tutta Italia dalle Forze dell’ordine.
La prima regione per numero di discariche sequestrate, contenenti PFU, è la Puglia, con 230 siti, quasi il 22% del totale nazionale. Un primato riconducibile sia ad una diffusa illegalità nel settore – dovuta anche alla non piena efficienza dell’intera filiera di raccolta e recupero di PFU (scarsi sbocchi economici per i prodotti trattati) – sia all’intensa ed efficace attività d’indagine svolta dalle Forze dell’ordine (coordinate dal 2007 in una task-force ambientale sostenuta dall’Amministrazione regionale), che consente di raggiungere importanti risultati operativi, con numerosi sequestri e denunce.
Al secondo posto della classifica per regioni si colloca la Calabria con 159 siti illegali, seguita dalla Sicilia (con 141 discariche), e dalla Campania, con 131.Tra le regioni del centro, il Lazio è la più colpita con 77 siti illegali, per un’estensione che supera i 75 mila metri quadrati. Al primo posto tra le regioni del nord figura il Piemonte, con 37 discariche sequestrate, per un’estensione pari a 177.950 metri quadrati.
Aree che provocano un degrado paesaggistico e rappresentano un grave rischio per ambiente in caso di incendio.