Non si è fatta attendere la replica della legalità, al cospetto dei graffiti inneggianti alla camorra scalfiti con dello spray nero su un muro della Basilica di San Paolo Maggiore, nel centro storico di Napoli.
“Non so che possa significare quella scritta. Spetta ad altri accertarlo. Di certo non mi ha fatto piacere veder imbrattata la facciata della chiesa, ridipinta a settembre scorso”: questa la replica di Padre Carmine Mazza, rettore della chiesa di San Paolo, in piazza San Gaetano, nel centro antico di Napoli, all’incrocio con San Gregorio Armeno, la via dei pastori.
Il sacerdote, dopo aver presentato una denuncia, ha incaricato i tecnici di una impresa edile di cancellare quelle scritte, comparse qualche giorno fa, rivolte ad Emanuele Sibillo, defunto leader della paranza dei bimbi di Forcella.
Saranno le forze dell’ordine a far luce sulla vicenda e a risalire agli autori di quel semplice, ma eloquente “murale”. In zona sono attive delle telecamere che potrebbero aver ripreso la scena. E solo dopo avere identificato i responsabili sarà più facile anche capire quale significato attribuire a quelle frasi e comprendere le motivazione che hanno generato il raid vandalico ai danno del monumento storico.
Una sfida lanciata al clan rivale o un gesto finalizzato a rivendicare e rilanciare la presenza/egemonia della “paranza” nella zona, in quel centro storico squarciato da più parti da plurime guerre di camorra che seguita a manifestare una costante comune a tutte le faide: giovani affamati di soldi e potere che si contendono fette della città più o meno estese e che sono pronti a tutto pur di avere la meglio.
Intanto, la legalità ripristina il decoro più confacente alla facciata di un luogo sacro, con l’auspicio che basti una mano di vernice per far sì che cali il sipario su brutta scena.