Salvatore Esposito, il Genny Savastano di “Gomorra – La Serie”, ha scritto – a quattro mani con Diego Nuzzo – il suo primo libro: “Non volevo diventare un boss”.
La storia e l’esempio di Salvatore, ben incarnano “l’altra faccia di Gomorra”, quella che si cela dietro la pellicola e che narra di vicissitudini reali, nelle quali tanti ragazzi napoletani possono riconoscersi.
Salvatore Esposito recita il ruolo di uno dei personaggi più complessi della serie, sotto il profilo interpretativo: dalla mutazione alla quale va incontro Genny che, di ritorno dall’Honduras, dice addio ai panni del goffo bamboccione per appropriarsi di un’identità più confacente a quella del boss che eredita lo scettro del potere criminale dal padre detenuto, fino alla cinica soppressione dei sentimenti più umani, come l’amore di un figlio per il padre, che lo porta a commissionare omicidi impensabili.
Una trasformazione fisica, emotiva, concettuale, ideologica che mette brillantemente in risalto le doti artistiche di Salvatore.
Il giovane che presta muscoli, voce e tempra a Genny Savastano è tra i pochi attori della serie che ha saputo spingersi ben oltre, sfruttando la visibilità derivante da un indiscutibile successo, per affrancare a “Gomorra” il tassello mancante. Ragion per cui, il libro che porta la firma di Salvatore Esposito sembra destinato ad acquisire un considerevole valore in termini di “riabilitazione sociale” di Gomorra.
Il suo è un libro che scinde, in maniera forte e marcata, la realtà dalla finzione, distinzione ovvia, ma tutt’altro che scontata nell’immaginario dello spettatore e quanto accaduto a Fabio De Caro – come sottolinea lo stesso Salvatore Esposito – lo comprova. All’indomani della messa in onda della scena in cui Malammore, il personaggio interpretato nella serie da De Caro, uccide la figlia di Ciro Di Marzio, il popolo del web è insorto contro l’attore, rivolgendogli insulti e frasi ingiuriose.
Una vicenda clamorosa che ha portato molte persone ad interrogarsi per giungere ad un’analisi più profonda ed articolata del fenomeno, al quale – in maniera più o meno consapevole – Salvatore Esposito affranca una delle repliche più lungimiranti: scrivendo un libro, simbolo per eccellenza della cultura, in cui racconta chi era prima di diventare Genny e chi seguita ad essere, una volta svestiti gli abiti di scena del figlio di Don Pietro Savastano.
Salvatore è un ragazzo di periferia, cresciuto ascoltando musica rap e misurandosi con le limitazioni imposte dal contesto di cui è parte integrante e che ben illustra quel bivio che si delinea nella vita dei ragazzi come lui, quello che impone il più classico degli out-out: o cedi alla corte della criminalità o riesci ad opporti ed importi in tutt’altro ruolo.
Figlio di un barbiere e di una casalinga, prima di diventare un attore di successo, Salvatore è stato un ragazzino prepotente, un’esca mancata della criminalità e un lavoratore part-time da McDonald’s.
Nel corso di un’intervista rilasciata a “Repubblica”, Salvatore Esposito ha raccontato che da ragazzino gli è capitato che chi doveva fare qualche rapina o trasportare droga gli abbia chiesto di seguirli, ma lui ha saputo sempre dire di no.
“Ho allontanato diverse persone. – racconta l’attore – Devo tutto alla mia famiglia, un ragazzo ha bisogno di sapere discernere tra bene e male, soprattutto in certi luoghi dove manca lo Stato, e questo può farlo solo la famiglia. Voglio raccontare la mia storia ai ragazzi. Con volontà, impegno e molte rinunce, una via d’uscita c’è sempre. Il libro è rivolto anche ai loro genitori”. La recitazione irrompe nella vita di uno degli attori più elogiati dalla critica nazionale ed internazionale, già ai tempi del liceo linguistico: “Al liceo Serra ho partecipato a concorsi, – racconta Salvatore – ho recitato ne “L’importante di chiamarsi Ernest” e in “Robin Hood” in inglese. Quando è morto mio nonno nel 2009 è nato mio fratello Christian, mi sono trasferito nella capitale, e ho iniziato frequentare l’Accademia Teatro Blu di Beatrice Bracco. Poi ho iniziato a dare le battute per i provini di “Gomorra” ma dopo aver visionato 1200 attori per il ruolo di Genny, la direttrice del casting Laura Muccino e il regista Stefano Sollima hanno voluto farmi il provino”.
Una storia estrapolata dalla reale, quella del “vero” Genny Savastano e che narra di una scampata perdizione premiata con la conquista di un meritato successo.