Ho conosciuto Raffaele Sannino, – un napoletano verace salvato dai nefasti della Forcella “difficile” dall’amore per la poesia – durante una marcia di legalità e rabbia, dolore e indignazione, insorta lo scorso giugno, in seguito alla morte dell’ennesima vittima innocente della criminalità.
Mentre marciavamo nel Lotto O di Ponticelli, Raffaele recitava i versi delle sue poesie, quelle che, oggi, sono raccolte in un libro dal titolo crudo ed eloquente, proprio come l’estro della sua vena poetica: “Bum! Bum!”
Raffaele non lo sapeva, ma mentre pronunciava quei versi sprezzanti odio e repulsione verso la camorra, stavamo percorrendo la strada che costeggiava la roccaforte del clan egemone nel Lotto O. Un modo forte e inconsapevole di replicare alla morte con la forza della vita insita nella bellezza dell’arte, ma soprattutto un canto di rivalsa e rabbia utile ad esorcizzare la paura.
“Aneme sole pers dint e labirint e cement, aneme mort dint o grigio e sta città”: con questi versi, dedicati proprio a Ciro Colonna, vittima innocente in nome del quale fu indetta quella fiaccolata, Raffaele racconta le emozioni calpestate durante quella marcia.
Raffaele, quelle storie di vite spezzate e violentate dalla criminalità le conosce bene, perché prima di diventare un poeta è un bambino, un ragazzo, che ha il compito di scegliere che genere di uomo diventare.
Una scelta ardua e sofferta, avvenuta tra i vicoli di uno dei quartieri più contorti di Napoli: Forcella. La patria dei Giuliano e di Annalisa Durante, un limbo di folklore ed omertà, dove camorra e legalità si pestano i piedi di continuo.
Crescendo tra quei vicoli, Raffaele frequenta figli di guappi, ma anche figli di dottori, calzolai ed operai, imparando a conoscere e riconoscere il bene e il male, la vita e la “malavita”. Quando non va a scuola, la mamma lo manda a fare il garzone in una salumeria, poi il commesso in un negozio di orologeria alla Ferrovia. All’età di 19 anni, Raffaele si trasferisce a Casalnuovo di Napoli, vivendo un’esperienza mistica tra inclusione ed integrazione. Un percorso tortuoso e sofferto che sfocia nella poesia: da anni Raffaele partorisce versi che raccontano il mondo “di fuori”, ma anche quello che vive dentro di lui. Le sue sono poesie che raccontano di dolori, problemi, tormenti e turbamenti corali, partecipati, condivisi, ma anche di emozioni e sentimenti personali, nei quali, però, il lettore può facilmente individuare quello stato d’animo che alberga anche dentro di lui, tra pensieri ed anima.
La lingua dei versi di Raffaele è il napoletano: crudo, scaltro, tagliente, sincero, esplicativo, essenziale. Proprio come i suoi versi.
Paolo Siani, fratello di Giancarlo, giornalista ucciso dalla camorra al quale Raffaele dedica una poesia, nonché curatore della prefazione del libro del poeta Sannino, ben spiega, servendosi di tre semplici aggettivi, quali sono le emozioni che quei versi sono in grado di evocare: sgomento, rabbia e frustrazione.
Durante la prima presentazione del libro, avvenuta a Casalnuovo di Napoli, alla presenza delle istituzioni locali, Raffaele Sannino ha interpretato alcune delle sue poesie, beneficiando dell’accompagnamento musicale di Bruno Senese. Un mix di suoni e parole che ha fatto venire la pelle d’oca ai presenti e che ben sottolinea che le poesie di Raffaele sono pane per i denti di chi non vuole vivere con le mani davanti agli occhi, accontentandosi di scorgere, di tanto in tanto, qualche scorcio di realtà dalle fessure delle dita.