E’ stato assegnato Bob Dylan, cantautore di fama internazionale, il Premio Nobel per la letteratura. Diversi sono gli scrittori rimasti spiazzati, in varie parti del mondo, all’annuncio che il prestigioso riconoscimento era stato dato alla star, con esternazioni di irrisione, polemica e rabbia.
Oltre alle polemiche sollevate dunque sorge anche un’antica domanda: che cos’è letteratura? Solo narrativa, poesia, teatro oppure la categoria può allargarsi?
Certo è che la figura di Dylan è legata all’immagine del cantautore impegnato, l’uomo che nel 1963 ha scritto Blowin’ in The Wind e che rappresenta per molti adolescenti la porta d’ingresso “monumentale” alla canzone impegnata.
Probabilmente anche per questo giovedì scorso l’Accademia di Svezia ha deciso di assegnare il Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan per – si legge nella motivazione ufficiale – “avere creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione della canzone americana”. Da quel giorno però, sembrava che l’artista non avesse voglia di ritirare il premio, non avendo mai risposto al telefono.
“Ora come ora, non stiamo facendo niente. Ho chiamato e mandato email ai suoi collaboratori più stretti, e ho ricevuto risposte molto cordiali. Per ora è sicuramente abbastanza” ha dichiarato Sara Danius, la segretaria permanente dell’Accademia “se non vuole venire, non verrà. Sarà comunque una grande festa”.
Alla fine, però, quando dall’annuncio dell’assegnazione del Nobel sono passati quasi sette giorni, Bob ha deciso di rompere il silenzio: lo ha fatto per annunciare la pubblicazione dell'”annotated version” di “The lyrics: 1961-2012”, un libro – già edito nel 2014 – che raccoglie i testi delle sue canzoni dal 1961 fino al 2012.
Di certo, ciò che suscitato maggior scalpore è stato l’atteggiamento di Dylan, a cui tutto si può imputare, tranne la mancanza di coerenza. Basta andare infatti a uno dei suoi ultimi concerti per capire che all’enigmatico Bardo di Duluth non importa nulla del pubblico: non una parola, non un sorriso, pochissimo spazio in scaletta ai classici e, nei rari casi in cui essi siano proposti, arrangiamenti così diversi dagli originali da renderne difficile l’identificazione. Non che manchino momenti di assoluta poesia nei suoi concerti, ma essi arrivano saltuariamente, come un dono inaspettato e, proprio per questo, ancora più appagante.