Oggi, sabato 15 ottobre, il tuo amato Napoli, giocherà alle 15 allo stadio San Paolo. Un orario insolito che ti avrebbe creato non pochi problemi per riuscire a conciliare passione e lavoro: il sabato è la giornata di cartello per gli autolavaggi e, di certo, non sarebbe stato facile riuscire a svincolarti dagli oneri lavorativi, ma, alla fine, l’amore per la tua squadra, avrebbe vinto anche oggi, perché vinceva sempre.
Così è stato anche quel sabato di maggio, quando sei andato a Roma per sperare di vincere la Coppa Italia e, invece, ti sei trovato inaspettatamente costretto a giocare una partita che è durata 52 giorni e che, alla fine, hai perso. Perché giocavi contro il più sleale dei nemici, perché eri andato allo stadio per tifare e non ti aspettavi, di certo, di beccarti un proiettile.
È un paradosso grande per un ragazzo di Scampia, essere ridotto in fin di vita in un agguato avvenuto a Roma, nel segno dei valori malati insorti intorno al calcio.
Un’anomalia che abbatte tanti luoghi comuni, ma tanti di più sono quelli che, da quando non ci sei più, la tua instancabile madre, ha sradicato da tante coscienze che ha incontrato.
È incredibile quello che sta accadendo nel segno del tuo nome e del tuo ricordo, così come lo è la forza che le persone che si radunano intorno al tuo volto sono capaci di attingere dal tuo sorriso, dal quale trapela tutto il tuo grande e vibrante attaccamento alla vita.
Volevi vivere e hai lottato con tutte le tue forze per rimanere aggrappato a quel brandello di vita. Dovevi vivere, perché nessuno merita di pagare con la vita il desiderio di inseguire una passione.
Se tu fossi ancora in vita, oggi, si disputerebbe una partita ad alto rischio. L’aspetto più triste di questa brutta storia è proprio questo: la tua morte non è valsa a ripristinare la pace tra le tifoserie di Napoli e Roma, ma ha inasprito ancora di più i toni di un botta e risposta che dura da anni e che di scontri e scene violente ne ha generate già fin troppe. Il prezzo più alto, in questa cieca ed insensata guerra tra bifolchi, lo hai pagato tu. Eppure non è abbastanza. Quell’odio non sembra volersi sedare.
Ti prendono in giro, quei signori che si decantano “tifosi romanisti”, perché oggi non sarai allo stadio, incapaci di comprendere quanto si sbagliano.
Anche ora che sei un angelo non ti perdi una partita.
Però, ora che sei un angelo, puoi parlare a quei cuori pieni di odio per sussurrargli quel “mai più” che pronunciato dalla voce della tua anima, assume un valore ben più solenne.