Napoli-Roma del 15 ottobre si giocherà senza tifosi giallorossi allo stadio San Paolo.
Il Casms, l’osservatorio del Viminale sulle manifestazioni sportive, ha infatti ufficializzato il divieto di vendita dei biglietti ai residenti nella Regione Lazio. La decisione è stata recepita dal Napoli che ha disabilitato i punti vendita dei biglietti nel Lazio. Un’opportunità elusa, l’ennesima, che avrebbe potuto concorre a ripristinare non solo un rapporto civile tra due tifoserie intente, ormai, da decenni a farsi la guerra, ma anche di consentire ai valori di cui il calcio da troppo tempo ha smesso di farsi portatore, di tornare a riappropriarsi degli spalti.
Un’acredine, quella tra i supporters azzurri e quelli romanisti, sfociata in più frangenti in episodi in cui la protagonista indiscussa era la violenza che vede il calcio fungere da mero e cupo sfondo, ma che ha per vere protagoniste la frustrazione e l’ignoranza, un mix letale che riprodotto nel contesto del tifo organizzato, assume le pericolose parvenze di una bomba puntualmente pronta ad esplodere per generare devastazione.
L’odio tra le due tifoserie è degenerato nel maggio del 2014, quando poco prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, nei pressi dello stadio Olimpico di Roma, un ex ultrà romanista ha esploso diversi colpi d’arma da fuoco contro i supporters azzurri, ferendone mortalmente uno e in maniera più lieve altri due.
Una mattanza insorta nel segno del tifo calcistico, ma che con l’amore per la propria squadra nulla ha da spartire.
Daniele De Santis detto Gastone, quel giorno, ha scritto la pagina più violenta della storia del calcio italiano, provocando la morte di un giovane tifoso di Scampia, il trentenne Ciro Esposito.
Per l’omicidio di Ciro Esposito, Daniele De Sanctis, è stato condannato a 26 anni di carcere.
Eppure non basta.
Non basta la morte, non basta la giustizia terrena.
Una frangia della sponda giallorossa porta in gloria De Santis come se fosse un eroe, un martire, una fazione altrettanto becera, sul versante partenopeo, invoca vendetta per aggiungere sangue al sangue, perché secondo il codice etico del mondo ultrà “il sangue si lava con il sangue”.
Ancora troppo alta la tensione, ancora troppo vivi i sentimenti negativi: rancore, odio, vendetta, avversione.
E così, per rincorrere ideali che con il calcio giocato e con il sano tifo sportivo, non hanno alcun nesso, il calcio sta snaturando la sua essenza più genuina per tramutarsi in un mostro sempre più cinico ed anaffettivo.
Il settore ospiti vuoto, al cospetto di una delle sfide calcistiche più affascinanti del campionato e di tutti i tempi, rappresenta una sconfitta per entrambe le squadre, tifoserie annesse e, soprattutto, per il calcio italiano che si professa sempre più incapace di adottare un provvedimento severo e risolutivo per giungere a riconsegnare le gradinate ai tifosi realmente meritevoli di essere definiti tali.