Nell’era del 2.0, tante e varie sono le innovazioni apportate dai social network nelle nostre vite. Uno degli ambiti in cui hashtag, screenshot e selfie hanno maggiormente dettato legge è sicuramente il mondo della ristorazione: “il food” per dirlo seguendo il gergo moderno.
Appassionati di buon cibo, esperti del settore e presunti tali, hanno fatto registrare un autentico boom di immagini che ritraggono pietanze, affiancate da brevi giudizi o dai più sintetici ed incisivi hashtag.
Analogamente impazzano i blog di genere, dove – più o meno – esperti in gastronomia tessono le lodi di un ristorante piuttosto che di una pizzeria, a discapito di un altro, ma in base a quale criterio?
Il maestro pizzaiolo Maurizio Ferrillo, proprietario della pizzeria Pizzazzà in via Caravaggio al Vomero, denuncia una vicenda dalla quale molti ristoratori possono trarre un ottimo insegnamento.
“Qualche giorno fa – racconta Ferrillo – fui contatto tramite Facebook da una donna che sosteneva di essere una food blogger che intendeva scrivere un articolo in cui recensiva le montanare più buone della Campania. Grazie ad una ricerca sul web, si era imbattuta nelle mie montanare e così iniziammo a conversare. La invitai presso il mio locale per permetterle di degustare i miei prodotti, affinché potesse raccontarli al meglio. Qualche giorno dopo, mi contattò per prenotare un tavolo per tre persone di sabato sera. Non appena lei e le sue amiche arrivarono nel mio locale, nel vederle starnazzare e schernire palesemente il lavoro non solo mio, ma anche del mio staff, ho ben presto capito chi avevo di fronte. Dopo una serie di lamentele e appunti opinabili, arriva il momento del conto che senza alcun indugio, viene consegnato all’allegra comitiva. Poche ore dopo, sulla pagina della pizzeria, appare “la puntuale” recensione negativa. Evidentemente, alla signora è rimasto sullo stomaco il conto, ma era troppo ipocrita per ammetterlo e ha iniziato a sparare a zero sulla mia pizza, giudicando un impasto a lievitazione naturale “crudo e gommoso”, continuando poi a denigrare il locale ed invitando apertamente i lettori a recarsi presso altre pizzerie – precisando perfino i nomi – se vogliono mangiare una pizza degna di tale nome.
Sicuro della qualità dei prodotti che serviamo e della bontà della mia pizza, invito tutti i lettori a recarsi presso la mia pizzeria per “toccare con mano” e in questo caso anche a gustare direttamente con le loro papille, l’attendibilità del giudizio delle recensioni e delle classifiche stilate dal web. Ci può stare che qualcuno venga nel mio locale e non trovi la mia pizza di suo gradimento, ci mancherebbe, ma in questo caso, mi sono visto denigrato e diffamato in maniera tanto gratuita quanto infondata, tanto da ricorrere anche alle vie legali. È ora che questi personaggi la piantino di cavalcare l’onda dettata dalla moda del momento solo per darsi un tono ed accaparrarsi un tornaconto personale. Sono certo che se anche io avessi garantito l’uscita del sabato sera a mie spese alla persona in questione e alle sue amiche, sarei stato dipinto come il miglior pizzaiolo di Napoli.
Vorrei che i miei colleghi si fermassero a riflettere per capire che ci stiamo muovendo in una direzione sbagliata, terribilmente sbagliata: chi ha davvero talento ed è capace di farsi apprezzare per quello che è e che sa fare, non ha bisogno di piegarsi “al ricatto” imposto da questi avvoltoi. Non può e non deve essere una persona simile o le tante altre che per hobby o per business s’improvvisano esperti in materia a decretare il successo o il fallimento di un’attività. Imponiamo a questi personaggi di avere rispetto per noi, per il nostro lavoro e per i nostri sacrifici.”