Non è terrorismo di matrice jihadista. L’attacco perpetuato a Monaco lo scorso venerdì, non ha alcuna connessione con il Califfato di Al Baghdadi. Il killer, Aly Somboly, 18enne con doppio passaporto tedesco e iraniano era un ragazzo come noi. Aveva terminato da poco la scuola, senza però essere promosso all’esame finale. Amava i videogiochi violenti e le stragi di massa. In passato, aveva avuto problemi di bullismo nell’istituto scolastico che frequentava e spesso ricorreva a visite di tipo psichiatrico a causa di disturbi della personalità e bipolarismo acuto. Ha sparato con una Glock di 9 millimetri, acquistata su internet a 50 euro. Ha sparato in un McDonald, attirando i giovani con un finto annuncio di cibo gratis. Ha mirato ai suoi coetanei, ai turchi che lo avevano vessato durante l’anno scolastico. I mass media, alla notizia del mancato collegamento tra il killer di Monaco e l’Isis, hanno tirato un sospiro di sollievo. Hanno derubricato il gesto del 18enne come “follia di uno psicolabile”, sentendosi sollevati dalle stragi che nell’ultimo mese lo stato islamico ha portato avanti in tutta Europa, facendo più di 150 vittime.
Purtroppo permane questo atteggiamento psicotico da minaccia islamica incombente, per cui gli accadimenti qualunque essi siano vengono rimasterizzati sulla base delle idee preconcette del mainstream terroristico/terrorizzante. Ne sia riprova la sequenza di rumors, provenienti da ipotetiche “fonti informate”, che si accavallavano l’altro giorno da Monaco, omologando al format dell’ortodossia accadimenti di tutt’altra specie: “Gli assalitori erano un trio come già a Parigi”, quando in effetti si trattava di un cane sciolto; “uno degli sparatori uccideva urlando Allah Akbar come durante l’irruzione nella sede di Charlie Hebdo”, quando il diciottenne tedesco di origine iraniana era un depresso cronico, intenzionato a sfogare la sua rabbia perché vittima di bullismi scolastici; “l’Is se è immediatamente attribuita la strage”, a riprova che nell’area europea questo è soltanto un brand in franchising.
Spiace deludere i tossicodipendenti da terrore, ma l’immagine del grande incubo dell’ombra jihadista che si stende sulle nostre città, lesionandovi in primo luogo le condizioni per una civile convivenza, va sostituita con quella di tanti medi incubi che magari si raccontano nel format retorico della religione (confusioni mentali e risentimenti assassini che cercano di mettere ordine nel proprio caos facendo riferimento a uno schema altamente mediatizzato e di sicura presa). Aly era un ragazzo come noi, oppresso dai problemi della vita quotidiana e da un mondo che spesso non è a misura delle aspettative di questa generazione. C’è bisogno di risorse, non solo economiche, per riuscire nel tentativo di rendere vivibile questa Europa fatta sempre di più di ghetti e muri divisori. Per non rendere il suicidio o ancora peggio le stragi l’unica via d’uscita.