Il PM palermitano Maurizio Bonaccorso, dopo avere letto il verdetto di condanna contro Pietro Mazzarra e Maurizio Pirrotta per l’assassinio di Antonio Zito, è stato aggredito e colpito dai familiari dei due imputati.
I due sono stati condannati dalla Corte d’Assise di Palermo per l’Omicidio di Antonino Zito, fruttivendolo di 32 anni all’epoca dei fatti. Il corpo carbonizzato del giovane, con precedenti penali per traffico e spaccio di stupefacenti, fu scoperto il giorno dopo presso una zona agricola nei pressi di Bagheria.
Successivamente alla lettura della sentenza, rispettivamente 30 e 27 anni di reclusione, i parenti della vittima avrebbero aggredito le parti civili e pare abbiano sferrato un pugno in faccia al Pubblico Ministero, il sostituto procuratore Maurizio Bonaccorso. La vicenda, fortunatamente, non ha avuto un tragico epilogo, anche se l’aggressore, una donna trentottenne, aveva introdotto nel tribunale un coltello da cucina con l’intento di uccidere. Gli avvocati e i parenti della vittima si sono barricati in aula per delle ore.
Sulla vicenda «la Giunta distrettuale dell’Anm di Palermo manifesta piena solidarietà al collega Maurizio Bonaccorso, vittima di una ignobile aggressione. E’ stata manifestata a tal proposito “forte preoccupazione per le inadeguate e insufficienti misure di sicurezza presenti negli uffici giudiziari” del Paese, e si invitano ancora una volta, specie dopo l’accaduto, le autorità competenti ad intervenire con urgenza per assicurare idonei presidi nei Palazzi di giustizia affinché venga garantito il normale e corretto esercizio della giurisdizione, oltre che l’incolumità dei magistrati e di tutti gli operatori che quotidianamente sono impegnati per la tutela della legalità.
E ancora, commenta l’Associazione Nazionale Magistrati: “La presenza di 15 carabinieri, nel contempo impegnati anche a frapporsi fra i familiari degli imputati e le parti offese, non è stata sufficiente a impedire la vigliacca aggressione, cui si è aggiunta la altrettanto grave necessità per l’intero collegio giudicante di rimanere a lungo chiuso nella camera di consiglio dopo la lettura del dispositivo e lasciare l’ufficio sotto scorta”.
Un problema, quello relativo alla sicurezza nei Tribunali italiani, ancora irrisolto, nonostante i numerosi appelli a tal proposito.