15 anni, un padre condannato al carcere a vita per aver scelto di servire un clan, da boss, vestendo gli irriverenti panni dell’uomo d’onore, quello a cui guardare con timoroso e reverenziale rispetto, quello da temere e al quale non fare sgarri.
Uno status invidiato ed invidiabile nell’immaginario collettivo: soldi, potere, sfarzo e tutto quello che si può chiedere alla vita, da giocare in una lesta mano di poker, dove, come da prassi, se perdi, rinunci a tutto.
La sconfitta, nel caso di un camorrista, può giungere per mano di un clan rivale o della giustizia: o morte o manette, la storia lo insegna, quelle vite raramente vanno incontro a un epilogo differente.
Eppure, i più cocciuti e fedeli “servi del sistema” non sanno rinnegare le leggi della camorra, neanche al cospetto della prospettiva di trascorrere il resto dei propri giorni relegati in una cella, perché vorrebbe dire ammettere la propria debolezza, riconoscendo la camorra come un madornale e millantatore errore, dal quale si può uscire solo con le ossa rotte e la vita irrimediabilmente segnata.
La camorra: una ruota che ciclicamente e sistematicamente si ripete e si tramanda, di padre in figlio, se il genitore non spezza quella leziosa catena.
Così, quei bambini crescono guardando con avversione alle forze dell’ordine, “i nemici” giurati della famiglia, “gli infami”, “i traditori”. La divisa va odiata e tenuta a distanza, come la più infima delle spine che può trafiggere il fianco.
Di conseguenza, tutto quello che è sinonimo di “camorra” è cosa buona e giusta e chi sa rivendicare le proprie ragioni con la violenza e lo spregiudicato uso delle armi è un eroe. Anche se colui che ti ha inculcato quel credo è detenuto in regime di 41 bis e non ti siederà mai a tavola accanto quando si fa ora di cena né tornerà mai più alla vita normale: morirà in una cella, condannato a vivere eternamente distante dai suoi cari, dalla sua casa, dalle sue cose.
Accade così che il figlio di un ex boss della camorra, condannato al carcere a vita, dinanzi alla notizia dell’ennesimo attentato di matrice terroristica, costato la vita a tanti civili innocenti, commenti l’accaduto pubblicando sui social network il seguente messaggio: “Onore all’Isis!!! Onore a tutti i guerrieri che lottano senza pietà per nessuno!!!! Così si fa capire chi è il più forte!”
Con tanto di emoticon raffiguranti pistole, bombe, siringhe e gli altri usuali fronzoli che puntualmente i giovani utilizzano come elemento rafforzativo del concetto espresso.