Correva l’anno 2001. La città di Genova fu indicata qualche anno prima come ospitante del G8, il forum degli otto Paesi più industrializzati e più influenti al mondo. Tra il 19 e il 21 luglio quindi il capoluogo ligure si trovò ad accogliere da un lato le delegazioni ufficiali dei governi e dall’altro i manifestanti e gli oppositori, contrari al sistema capitalistico e alle modalità decisionali piramidali ed elitarie. La scelta di Genova fu duramente criticata dal governo in carica. Infatti, la conformazione dell’assetto urbano, fatto di strade strette e forti pendenze, rendeva difficoltoso il lavoro delle forze dell’ordine.
L’obiezione si rivelò corretta. Durante lo svolgimento del meeting, ai manifestanti che sfilavano per le strade, muovendosi parallelamente alla zona rossa (dove intanto si svolgeva il forum), si mescolarono alcune frange estremiste, i cosiddetti “black bloc”, che con violenza assaltarono banche, negozi, piccole botteghe di artigiani e automobili in sosta, mettendo a ferro e fuoco la città e contribuendo a creare un clima di violenza e repressione, con le forze dell’ordine impegnate in assetto antisommossa a caricare i manifestanti.
Il 20 luglio, in piazza Alimonda, un “Defender” della Polizia di Stato resta intrappolato tra la folla a causa di una manovra errata. Alcuni manifestanti caricano il mezzo e tra di loro anche Carlo Giuliani, il quale mentre tenta di colpire la vettura con un estintore viene iso ducca un colpo di pistola, esploso dal poliziotto appena 20enne Mario Placanica. Giuliani, a terra e gravemente ferito, sarà travolto più volte dal mezzo dei militari in manovra e morirà circa mezz’ora dopo, rendendo vano il tentativo di rianimazione dell’ambulanza accorsa sul posto. Ma la spirale di violenza non trovò tregua con la morte del ragazzo.
Il 21 luglio, Carabinieri e Polizia, in assetto antisommossa, durante una “perquisizione” assaltano la Scuola Diaz, dove riposavano gran parte dei manifestanti e molti giornalisti accreditati. Il bilancio sarà di 93 persone fermate delle quali 82 ferite. Il vice questore di Genova, Michelangelo Fournier dirà dell’irruzione: “si è trattata di una vera e propria macelleria messicana, con torture e violenze su tutti gli occupanti la struttura”. 19 degli arrestati furono trasferiti alla caserma di Bolzaneto, dove continuarono le violenze di tipo fisico e verbale, con addirittura tentativi di stupro nei confronti di alcune ragazze.
Questo è il racconto, sintetico, di quello che è avvenuto a Genova in quel luglio del 2001. 15 anni dopo, di quel meeting restano inchieste e sentenze. Alcune hanno assolto il carabiniere Mario Placanica, per aver agito a difesa sua e della sua squadra. Altre hanno condannato lo Stato Italiano, reo di aver violato molti punti della Convenzione sui diritti dell’uomo. Molte prove sono sparite, altre insabbiate dai Servizi Segreti. L’Italia, proprio in questi giorni, ha fatto ancora una volta “rimbalzare” il reato di tortura dal Senato alla Camera. Ancora in questi giorni, è arrivata la sentenza definitiva che ha prosciolto i militari dall’accusa di omicidio ai danni di Stefano Cucchi.
I fatti di Genova non hanno insegnato nulla. Ed è ancora forte la voglia di gridare mai più sangue innocente, mai più uno Stato assassino.