Il baby boss Walter Mallo doveva essere ucciso in un agguato che doveva fungere da autentica azione dimostrativa.
Il killer assoldato per mettere a segno l’agguato era Luigi Cutarelli: una raffica di proiettili in faccia, poi decapitato e riporre la testa in un water da collocare al centro del Rione Don Guanella come monito per chiunque volesse ribellarsi allo strapotere dei Lo Russo nell’area nord di Napoli. Questo il destino al quale sarebbe andato incontro Mallo, se per lui non fossero scattate le manette.
A rivelarlo è lo stesso mandante, la mente che aveva ideato quel disegno criminale: Carlo Lo Russo, il boss pentito, ex pezzo elemento di spicco della scena criminale di Miano e attualmente diventato collaboratore di Giustizia.
A condannare a morte il giovane Walter Mallo una “stesa” plateale maturata nei pressi del bar Mexico a Miano, ovvero nel cuore della roccaforte del clan Lo Russo.
Un ragazzo cinico e pronto a tutto, spietato, arrivista e scaltro che aveva preso di mira le piazze di spaccio non solo dei Lo Russo ma anche dell’alleato clan Licciardi: così verrebbe descritto Mallo da chi è saldamente compenetrato nelle trame del tessuto criminale di Napoli Nord.
Mentre Lo Russo sembrerebbe reticente quando di tratta di mettere nero su bianco i nomi dei colletti bianchi alleati del crimine organizzato, infatti, l’identità di politici corrotti e imprenditori collusi non figurerebbe, a oggi, tra le rivelazioni fornite alla giustizia dal neo pentito.
Solo Pasquale Scotti, ex capo della Nuova Camorra Organizzata, l’impero del male di Raffaele Cutolo, avrebbe fatto intendere di voler svelare ai giudici i rapporti tra Stato e Brigate Rosse e non solo.
Le rivelazioni di Scotti potrebbero innescare l’insorgenza di un autentico terremoto giudiziario e soprattutto potrebbero concorrere a far luce su alcuni dei gialli italiani tutt’oggi irrisolti e che ricoprono una rilevanza storica imprescindibile.