All’incirca un anno fa, nel cuore della notte tra il 24 e il 24 luglio, la tangenziale di Napoli accolse un duplice omicidio maturato per mano di una folle inversione a “U” scaturita dalla follia di Aniello Mormile, 30enne dj, di ritorno da una serata trascorsa in un locale dove abitualmente il venerdì. In auto con lui c’era Livia Barbato, la sua ragazza ventenne, una delle due vittime, l’altra è Aniello Miranda, 48 anni, marito e padre di famiglia di Torre del Greco che si stava recando a lavoro.
Mormile percorse cinque chilometri contromano, alcuni addirittura a fari spenti, per poi finire la sua corsa contro l’auto di Miranda, uccidendolo sul colpo, mentre Livia morì poco dopo l’arrivo all’ospedale Cardarelli.
Un impatto fatale per due vite, quello provocato da Mormile, ma non per lui, unico superstite di una catastrofe generata dalla sua follia.
Risultato positivo all’alcol test, tutte le volte che è stato interrogato, Aniello non ha mai saputo o voluto fornire una motivazione plausibile a quel gesto.
Il Tribunale di Napoli ha inflitto venti anni di reclusione ad Aniello Mormile: riconosciuto colpevole di omicidio volontario al termine del processo con rito abbreviato.
Quando è stata letta la sentenza, i parenti di Miranda hanno urlato frasi ingiuriose nei confronti dell’imputato.
20 anni di carcere: questa la condanna inferta ai 5 chilometri più folli della vita di Mormile, costati la vita ad una brillante ed apprezzata fotografa ventenne e a un padre di famiglia che a ridosso dell’alba era solito percorrere la tangenziale per recarsi sul posto di lavoro.